La destra al Salone

C’è anche Giulio Biino, il presidente del Circolo dei lettori, “colpevole” a detta di Alberto Cirio, presidente del Piemonte, e del sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, di aver complicato la partita per la successione del direttore Lagioia suggerendo nomi per il futuro comitato editoriale “imposti” proprio da Sangiuliano. «Alla fine io e Lo Russo l’abbiamo risolta», puntualizza Cirio. Da soli, è il sottinteso. Trovando in Annalena Benini il naturale successore di Lagioia. Ma le scorie tossiche dei mesi scorsi, non sono ancora smaltite come dimostra l’urgenza con cui Sangiuliano precisa: «Il ministero non fa parte della governance, ma se un domani si dovesse pensare a un nuovo strumento giuridico ce ne occuperemo». Questa volta anche Lo Russo e Cirio, di solito in tandem, giocano a ping pong con le parole: «Questo non è il Salone di Torino, ma di tutto il Paese, sempre in crescita con i governi di ogni colore» dice il primo. «È il Salone del Paese, ma lo fa Torino: prima di guardare il futuro bisogna conoscere il passato, e qui è nato il primo senato d’Italia».

Cala da Roma anche il ministro della Difesa, il piemontese Guido Crosetto, che si vanta di aver visto nascere il Salone. Meno preparato, La Russa decide di andare a braccio per il suo primo discorso ai lettori del Lingotto: «Ho scoperto solo poco fa il tema e il logo: non cambia tutti gli anni, vero? Allora i libri colorati vogliono testimoniare proprio che la cultura non è di parte». C’è questa necessità ossessiva a mettere le mani avanti, la destra non chiude ma apre, dice Sangiuliano: «Sono certi giornali che vogliono l’apartheid culturale, bisogna invece superare gli steccati». Lui sostiene di farlo. Come? «Inaugurerò la mostra agli Uffizi sulle Avanguardie del Novecento, mi sono accorto che mancava Ordine nuovo, la rivista di Gramsci e Togliatti e ho fatto aggiungere subito una sezione apposta».

La Russa, invece, prova a mostrare una destra conciliante, da sempre, prendendo a pretesto l’Albania, paese ospite del Salone: «Facevo già politica quando arrivarono i primi immigrati, ne ospitammo una trentina nella sede del Msi. Non ce ne siamo mai pentiti, anche se qualche problema ce lo diedero». La Russa-Sangiuliano si alternano nei proclami e nel timbro comunicativo. Il primo scherza: «Un grazie a Nicola, che è l’ultimo rimasto come Lagioia a Torino perché Dybala l’hanno portato via». Nessuno ride, allora deve spiegarla: «Per chi non lo sapesse La Joya è il suo soprannome». Sangiuliano, l’uomo dei «15 mila volumi nella mia biblioteca», annuncia l’imminente legge sul libro: «Incentiveremo gli under 35 ad aprire librerie attraverso contributi a fondo perduto». Quei giovani che non leggono abbastanza, per La Russa: «Ho comprato a mio figlio il romanzo di Ken Follett, mi ha chiesto “quanto era lungo”». È in tema, allora, il regalo di Walter Barberis, presidente di Einaudi, che li incontra allo stand: «Ho donato a La Russa Revenant di Michael Punke perché ha chiamato i suoi figli con nomi indiani e a Sangiuliano La bella confusione di Francesco Piccolo». —

LA STAMPA

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