Italia in un angolo sul Mes: perché la Ue spinge per la ratifica

Andrea Muratore

Nelle ultime settimane è aumentata notevolmente la pressione sull’Italia perché ratifichi la riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes) conclusa nel 2021 ai tempi del governo Conte II e che né l’avvocato pugliese alla guida del governo formato da Movimento Cinque Stelle e Partito Democratico né Mario Draghi e il suo esecutivo di unità nazionale hanno mai chiesto di ratificare esplicitamente.

Giorgia Meloni non sembra volersi discostare dalla linea dei suoi predecessori e, anzi, con l’ascesa di Fratelli d’Italia a forza guida del governo il no alla ratifica della riforma del Mes è diventata da frutto di un compromesso tra coalizioni divise un baluardo dell’esecutivo. La riforma prevede un contributo del Mes al Fondo di risoluzione unico (Srf) per le crisi bancarie ed è contestato da Fdi perché si ritiene che la sua approvazione riporterebbe d’attualità il Mes nel suo complesso e lo spauracchio per una possibile richiesta di ristrutturazione del debito italiano.

Curioso, dunque, che nel periodo segnato da una tensione bancaria notevole tra Svizzera e Stati Uniti che ha avuto code europee col caso Deutsche Bank l’Ue torni a fare pressione ad altissimi livelli su Roma perché l’itinerario della riforma sia compiuto. La stessa presidente della Banca centrale europea, la francese Christine Lagarde, ha sottolineato la volontà dell’Eurotower di vedere la riforma in vigore in tempi brevi parlando con il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti al recente Ecofin.

La riforma del Mes aggiungerebe un “terzo grado” di giudizio alla risoluzione delle crisi più gravi in ambito bancario nell’Europa a Ventisette. Ad oggi si partirebbe col bail-in che farebbe pagare a obbligazionisti e titolari di conti correnti notevoli il costo della risoluzione di uno stato di crisi e, in caso di insufficiente disponibilità di risorse, il Srb interverrebbe scaricando le sue cartucce finanziarie sull’istituto in crisi per tenerlo a galla, proteggerlo da una fuga di capitali, evitarne il dissesto e prevenire il contagio.

Per l’analista economico Giuseppe Liturri il timore è che senza volerlo dire esplicitamente la Bce preveda il rischio di un dissesto finanziario tale da dover richiedere l’aiuto del Mes al Srb: “Potrebbe essere imminente un dissesto bancario di dimensioni tali dover richiedere dapprima il bail-in di obbligazionisti e depositanti oltre 100 mila euro fino al 8% del passivo della banca. Tale sacrificio non dovrebbe essere sufficiente a riequilibrare attivo e passivo al punto che dovrebbe intervenire il Srf, i cui circa 60 miliardi non dovrebbero bastare per soccorrere la banca”, nota Liturri su StartMag. “A quel punto sarebbe necessario il prestito del Mes al Srf per intervenire come autorità di risoluzione e tenere la banca”, o le banche interessate da un’eventuale crisi, “in piedi“. Tale solerzia da parte di Lagarde confliggerebbe, dunque, con l’affettata serenità mostrata dopo la tempesta finanziaria su Credit Suisse che ha portato l’ex governatrice del Fondo Monetario Internazionale a definire “infondate” le preoccupazioni per un contagio.

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