Perché le elezioni in Turchia sono importanti per l’Europa (e per il mondo)

Giada Ferraglioni , Sergio Colombo

Le elezioni di maggio in Turchia sono tra gli appuntamenti più importanti del 2023. Il prossimo presidente definirà i rapporti del Paese con gli Stati Uniti, l’Unione europea e la Russia, e deciderà che ruolo avrà Ankara nella Nato e nella guerra in Ucraina. Dovrà inoltre decidere il futuro delle relazioni con i vicini Israele e Siria, da cui dipenderanno gli equilibri nel Medio Oriente, e gestire le tensioni nel Mediterraneo orientale. Non da ultimo, le elezioni del 14 maggio avranno risvolti sulle politiche migratorie della Turchia, crocevia delle rotte da Est più pericolose e battute. Difficile fare previsioni su quelle che saranno le svolte dell’opposizione dopo un’eventuale vittoria: al momento, a unire il “tavolo dei sei” è principalmente il sentimento anti-Erdoğan.

La Nato e la guerra in Ucraina

La Turchia si è ritagliata un ruolo di rilievo nella guerra in Ucraina. Proprio a Istanbul si sono firmati nel 2022 i primi accordi tra Mosca e Kiev: l’intesa, mediata dai turchi e dall’Onu, aveva permesso di smuovere oltre 20 milioni di tonnellate di grano bloccati nei porti del Mar Nero dall’inizio della guerra. I rapporti con la Nato da una parte e con la Russia dall’altra sono il tema più spinoso che dovrà affrontare il nuovo presidente. La Turchia è membro dell’Alleanza Atlantica dal 1952, ma non ha aderito alle sanzioni del G7 e dell’Unione europea contro Mosca. Inoltre, dalla fuga dei documenti del Pentagono, è emerso che la brigata Wagner, impegnata in Ucraina, aveva avvicinato “contatti turchi” a febbraio con l’obiettivo di comprare armi.

A fine marzo l’attuale presidente turco ha dato il via libera all’adesione alla Nato della Finlandia, e dunque all’estensione dell’Alleanza Atlantica a ridosso del confine con la Russia. Ma lo ha fatto dopo mesi di veti e di ultimatum: un equilibrismo che ha indispettito i partner occidentali e attirato feroci critiche da parte dell’opposizione guidata da Kemal Kılıçdaroğlu, erede di un kemalismo che guarda tradizionalmente a ovest. Il leader del Chp ha annunciato che, se sarà eletto, punterà a normalizzare definitivamente i rapporti con la Nato. Mosca permettendo.

I rapporti tra Turchia e Russia

Le relazioni tra Turchia e Russia si reggono su equilibri estremamente delicati. I due Paesi sono entrambi presenti in Libia (il primo in Tripolitania, il secondo nella Cirenaica), e Mosca ha ospitato il 25 aprile l’incontro tra i ministri degli Esteri di Turchia, Siria e Iran per discutere il riavvicinamento tra Damasco e Ankara.

Inoltre, per il governo turco Mosca resta a oggi un partner irrinunciabile dal punto di vista energetico: nel 2022, la Turchia ha importato il 40% del gas dalla Russia, mentre l’import di combustibili fossili è aumentato da 14,3 a 41,8 miliardi di dollari. Il 27 aprile il presidente russo Vladimir Putin ha partecipato in video-collegamento alla consegna del carburante per la centrale nucleare di Akkuyu, realizzata dalla russa Rosatom.

Gli interessi degli Usa e la questione curda

Nel tentativo di blindare il riavvicinamento alla Nato, Kılıçdaroğlu promette di “prendere iniziative” per tornare al programma di acquisto degli aerei F-35, sospeso dagli Usa nel 2019. Secondo alcuni analisti, il leader del Chp potrebbe decidere persino di restituire a Mosca i sistemi di difesa aerea S-400, il cui acquisto fu alla base dello strappo con Washington.

Gli Stati Uniti guardano con interesse al voto, e agli effetti che questo potrebbe avere sui rapporti con la Turchia. Negli ultimi anni, i due Paesi si sono scontrati a più riprese sulla questione dei curdi, sostenuti dagli Usa in Siria e combattuti – all’estero e in patria – da Erdoğan. Una vittoria di Kılıçdaroğlu, appoggiato dal partito filo-curdo Hdp, potrebbe dare nuovo impulso alle relazioni.

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