«Terremoto nei Campi Flegrei, la camera magmatica si sta riempiendo. Non conosciamo il punto critico»

di Roberto Russo

Il professore Giuseppe De Natale: «In queste condizioni la sismicità potrà solo aumentare. La prevenzione? Consolidare gli edifici»

De Natale Campi Flegrei
Il professore Giuseppe De Natale

Professore Giuseppe De Natale, lei è vulcanologo dell’Ingv, (sezione  di Napoli dell’Osservatorio Vesuviano). Dunque: l’attività sismica nell’Area flegrea sta aumentando come lei stesso aveva ipotizzato in uno studio,  assistiamo a terremoti sempre più forti e con maggiore frequenza. Cosa sta succedendo?
«Innanzitutto voglio precisare che quanto dirò in questa intervista non rappresenta necessariamente la posizione ufficiale del mio istituto, né di qualunque altra istituzione. È semplicemente il mio personale pensiero, basato sulle mie ricerche e pubblicazioni da circa 40 anni. L’attività sismica può solo aumentare finché continua il sollevamento del suolo. Perché il sollevamento del suolo è un’indicazione dell’aumento di pressione nel sottosuolo. Lo scrivemmo già nel 2017, ed avvisammo che la sismicità, allora molto rara e di bassa magnitudo, sarebbe aumentata progressivamente: in numero ed in magnitudo. Oggi siamo quasi al livello della sismicità del periodo 1982-1984. Non siamo ancora a quel livello soltanto perché, come abbiamo osservato già dagli anni ’80, la sismicità in quest’area, oltre che dal livello di pressione interna, dipende anche dal tasso di incremento della pressione, ossia del sollevamento. Nel bradisisma degli anni ’80, il tasso di sollevamento era oltre 5 volte maggiore di oggi, e quindi anche la sismicità era maggiore». 

Abbiamo ormai superato il punto di massimo sollevamento registrato nel precedente bradisismo ma la terra continua a lievitare, se lo aspettava?
«Il sollevamento del suolo iniziato alla fine del 2005 è quasi perfettamente speculare all’abbassamento osservato dal 1985 al 2003 circa. Quindi, personalmente speravo che sarebbe terminato una volta raggiunto il livello del 1984. Negli ultimi mesi invece abbiamo superato la quota massima del 1984, ormai siamo diversi centimetri più sopra». 

Secondo lei ci troviamo adesso in una situazione più rischiosa rispetto a uno o due anni fa?
«Il problema è che oggi, superato il valore massimo recente ottenuto nel 1984, il livello del suolo, e quindi verosimilmente il livello della pressione interna, è il più alto che abbiamo mai sperimentato, almeno negli ultimi due secoli. È chiaro che la resistenza delle rocce non è infinita, ma noi non sappiamo con esattezza qual è il punto critico, di non ritorno. Ci troviamo dunque in una situazione non sperimentata prima. In ogni caso, il degassamento continuo che osserviamo da 17 anni, che provoca il riscaldamento degli acquiferi e dunque l’aumento di pressione interna, è quasi certamente dovuto ad un afflusso progressivo di magma più profondo nella camera magmatica principale, localizzata a 7-8 km di profondità». 

Che cosa può comportare il riempimento magmatico del serbatoio a 7/8 chilometri di profondità?
«Come mostrano i modelli teorici presenti in letteratura, per causare grandi eruzioni da una camera magmatica profonda, i processi di riempimento magmatico possono durare centinaia o migliaia di anni. È anche vero però che il magma può risalire a livelli più superficiali (circa 3 km, come molto probabilmente è accaduto tra l’82 e l’83) e rendere quindi più probabili eruzioni di piccola taglia. A mio parere, oggi non c’è evidenza della presenza di intrusioni magmatiche a bassa profondità».

So che è una domanda complicata, ma realisticamente quale scenario dobbiamo aspettarci a breve e medio termine? 
«Questo non può saperlo nessuno. Possiamo dire solo con certezza che, finché perdura il sollevamento del suolo, la sismicità potrà solo aumentare. Dopo di che, oggi non c’è evidenza di intrusioni magmatiche superficiali, e questo è un bene. Ma è chiaro che in futuro, anche a breve scadenza, non possiamo escludere che tali intrusioni non avvengano». 

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