Rosy Bindi: “Per la segretaria sarà molto difficile cambiare tenendo unito il partito”

Francesca Schianchi

ROMA. «Sarò un’osservatrice attenta ed esigente. Ma anche fiduciosa». Rosy Bindi è stata tra le fondatrici del Partito democratico; per quattro anni ne è stata anche presidente. Oggi non ha più la tessera, e alle primarie di domenica non ha votato: «Non mi convinceva nessuno dei due sfidanti». All’indomani della vittoria di Elly Schlein, però, guarda con interesse al futuro di quell’area politica e alle prime mosse della nuova segretaria: «Non è una sfida semplice mantenere fede alla promessa di cambiamento e tenere unito il partito».

Elly Schlein ha definito la sua vittoria «una piccola, grande rivoluzione». La vede così?
«Sicuramente questo voto chiude la fase del renzismo. Ma lascia ancora un residuo, non marginale».

Quale?
«Resta la voglia di affidare a una leadership nuova tutto il cambiamento, l’idea diffusa “adesso arriva lei e fa la sinistra”».

Non è così?
«Il punto è: cosa vuol dire cambiamento? Un cambio dei dirigenti? Dell’organizzazione? O della visione? A me interessa quest’ultimo punto».

Lo vede un cambio di visione?
«L’ho sentita parlare di punti programmatici: vanno bene, per carità, mi piace quello che ha detto. Va bene parlare di salario minimo, ma se sei all’opposizione non dipende da te farlo. Quando sei all’opposizione quello che conta è la visione, riuscire a convincere le persone che sarai capace di dare risposte alle grandi sfide del momento. E nelle sue parole non ho riconosciuto questo progetto. Oggi (ieri, ndr.), per esempio, mi sarebbe piaciuto che come primo atto fosse andata a Crotone. Un gesto simbolico che vuol dire: sull’immigrazione, che non è un’emergenza ma un fenomeno strutturale, si costruisce una nuova sinistra. E domenica notte non l’ho sentita parlare della guerra».

Cosa avrebbe voluto sentire?
«Intanto, se non avesse votato la delega di un anno al governo per mandare armi all’Ucraina mi avrebbe convinta di più. Siamo di fronte a un nuovo ordine mondiale: su questo, la sinistra non può permettersi di stare in silenzio. E lei nel suo discorso della vittoria non ha detto una parola».

Insomma, mi sembra scettica su questa nuova leader…
«No, ma sarò un’attenta osservatrice di quello che farà. Non vorrei finisse come i precedenti affidamenti di fiducia a un singolo leader: stavolta vorrei vedere ricostruire una comunità politica intorno a una visione».

Ci sono due prime volte in questa elezione: la prima donna segretaria del Pd…
«E questa è un’ottima notizia».

E la prima volta che viene eletta segretaria una candidata che era arrivata seconda nel voto tra gli iscritti. Che segnale è?
«Penso che significhi tre cose. La prima: che occorre interrogarsi sullo strumento delle primarie. Non per abolirlo, ma per farlo diventare qualcosa di più costruttivo: secondo me, dovrebbe poter votare solo chi partecipa al dibattito del processo costituente».

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