La fuga dei medici di famiglia, 100 mila torinesi sono senza medico di famiglia

È la stessa regione nella quale, rispetto a dieci anni fa, ci sono circa cinquecento medici ospedalieri in meno: «Ogni anno il 4 per centodei medici piemontesi lascia volontariamente il lavoro, uno al giorno sceglie di andare a lavorare nel privato o all’estero». Stessa emoraggia nel resto d’Italia.

Se poi chiedete il perché a loro, cioè ai medici, vi sentirete ripetere con sfumature diverse gli stessi concetti. «Perché i carichi di lavoro sono insostenibili, la burocrazia è massacrante, il rischio professionale elevato, molti pazienti che hanno bisogno di cure ospedaliere vengono dirottati verso le cure domiciliari con rischi enormi per loro stessi e per i medici – elenca il dottor Antonio Barillà, segretario Smi Piemonte – Vuole che continui? Per la totale assenza di tutele, ovvero ferie, malattia, infortuni, maternità). Perché il rapporto con i pazienti si è deteriorato, perché aumenta la disaffezione verso la professione. Insomma: resistono solo coloro che sono costretti a lavorare».

Ecco perché sarebbe un errore limitare al Piemonte, e alle zone montane del Piemonte, una deriva che sta serpeggiando in tutto il Paese. E che se non governata, promette di lasciare milioni di persone senza l’assistenza di base. Poi ci si stupisce perché la gente prende d’assalto i pronto soccorso.

LA STAMPA

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