Perché serve il rigassificatore di Piombino contro l’emergenza gas?

di Fausta Chiesa e Milena Gabanelli

Il conto alla rovescia per l’inizio della stagione «termica», quando si accendono i riscaldamenti – in genere al Nord il 15 ottobre e i primi di novembre al Centro-Sud – è cominciato. Da fine febbraio, mese di inizio del conflitto in Ucraina, la parola d’ordine in Europa, ma soprattutto in Italia e Germania che dipendono fortemente da Mosca, è: «comprare gas da altri fornitori». Il nostro Paese l’anno scorso ha acquistato da Gazprom 29 miliardi di metri cubi di gas. Tutto quello che si poteva fare per sostituirlo è stato fatto: aumentati i flussi via gasdotto da Norvegia, Azerbaijan, l’Algeria – diventata oggi il nostro primo fornitore – spinto sulla produzione di rinnovabili, rimandate a pieno regime le centrali a carbone, aumentata un pò l’estrazione nazionale, quasi riempiti gli stoccaggi. In sostanza rimpiazzati, dice il ministro Cingolani, 18 miliardi di metri cubi. Come colmare l’ammanco di 11 miliardi? La soluzione più rapida è importare più gas naturale liquefatto, che viaggia su navi e quindi si può prendere ovunque nel mondo. I maggiori esportatori di Gnl per l’Italia sono il Qatar, l’Algeria, gli Stati Uniti, e in parte minore l’Egitto e la Nigeria. Ma poi bisogna rigassificarlo, e di rigassificatori ne abbiamo solo 3. La Spagna per esempio ne ha sei.

Gli impianti attivi e quelli nel cassetto

Il primo si trova sulla costa ligure a Panigaglia, in provincia della Spezia, è stato realizzato negli Anni ‘70 e ha una capacità massima di 3,5 miliardi di metri cubi all’anno. Il secondo in mare, a Porto Vigo, in provincia di Rovigo, e ha appena aumentato la portata da 8 a 9 miliardi di metri cubi. Il terzo è al largo di Livorno, ha 3,75 miliardi di metri cubi di produzione ed è stata fatta domanda per salire a 5. Da gennaio ad agosto hanno rigassificato quasi 9 miliardi di metri cubi (+25% rispetto all’anno scorso) e per i prossimi mesi e anni la loro capacità è già stata ampiamente prenotata.

Perché ne abbiamo soltanto tre? Perché avevamo i gasdotti e il Gnl costava di più, e perché la resistenza dei territori alla costruzione di questi impianti è sempre stata molto forte Per questo, abbiamo lasciato nel cassetto per anni due progetti già approvati: quello di Enel a Porto Empedocle (Agrigento), e quello a Gioia Tauro di Sorgenia e Iren. Nel Piano energetico nazionale del 2017 questi progetti di grossa taglia non sono rientrati tra le infrastrutture che il governo ha selezionato per la diversificazione delle fonti. Con l’invasione dell’Ucraina, lo scenario è improvvisamente cambiato. Che fare con i 2 progetti? In Sicilia c’è la resistenza della popolazione, mentre in Calabria il presidente della Regione Roberto Occhiuto lo vorrebbe. Il costo stimato, secondo il Ministro della Transizione Ecologica, è di circa 3 miliardi e non potrebbero essere pronti di 4 anni. E allora dove rigassificare le forniture aggiuntive che stiamo comprando in giro per il mondo?

La soluzione delle navi già pronte

Per fare presto, la soluzione è prendere rigassificatori già pronti, cioè navi già attrezzate. Snam, su mandato del governo, a giugno ha acquistato per 750 milioni di dollari complessivi, la Golar Tundra e la Bw Singapore. Ciascuna ha una capacità di 5 miliardi di metri cubi, quindi abbastanza per renderci quasi autonomi dalla Russia, in più essendo galleggianti, si possono rimuovere ed essere rivendute. Una sarà collocata a Piombino e l’altra al largo di Ravenna. Per velocizzare i tempi, a inizio giugno il premier Mario Draghi ha creato i commissari straordinari per i rigassificatori, nominando il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani e quello dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini. La scelta su Ravenna è motivata dal fatto che c’è già la piattaforma offshore, però non sarà operativa prima della primavera 2024 perché l’infrastruttura di collegamento dal mare alla rete è lunga e richiede tempo. A Piombino invece c’è una banchina libera e inutilizzata (la Darsena Nord, costruita per ospitare il relitto della nave Concordia), e il collegamento alla rete del gas può essere realizzato entro la prossima primavera.

Piombino: le resistenze

In un momento in cui la possibile mancanza di gas non è remota, la tempistica è cruciale. Per questo, per entrambe le navi è stato approvato un iter semplificato, e Snam ha già presentato un’istanza su tutti gli aspetti, inclusi quelli ambientali e di sicurezza, con oltre 500 documenti. I tempi per l’autorizzazione della nave a Piombino scadono a fine ottobre. Se saranno rispettati, subito dopo l’ok inizieranno i lavori propedeutici. Il presidente Giani ha raggiunto un accordo con Snam per far restare la nave solo tre anni in porto e poi sarà messa a 12 chilometri di distanza dalla costa. Però a livello locale le proteste sono molto forti, e le obiezioni sono tre:
1) c’è un problema legato alla sicurezza (ma l’impianto è sottoposto alla legislazione Seveso.
2) Alla nave rigassificatrice accostano navi metaniere che consegnano il Gnl, e quindi esiste il timore che ci possano essere interferenze con i traghetti che portano all’isola d’Elba. Di fatto arriverà una nave metaniera alla settimana con due ore di manovra di ormeggio e due di disormeggio, ed è possibile che avvenga di notte.
3) L’impianto può interferire con attività di itticoltura. Per tutte queste ragioni è contrario alla nave il Pd cittadino e il sindaco Francesco Ferrari (FdI) che dice di aver ricevuto rassicurazioni dal partito sul fatto che una volta al governo si cercheranno anche «altre soluzioni». Dall’altra parte le compensazioni per i disagi previste dal Commissario straordinario ammontano a 600 milioni di euro, tra bonifiche, infrastrutture per migliorare il porto, sostegno alla pesca, itticoltura, turismo e per alleviare le bollette dei cittadini.

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