I fallimenti della zero-Covid policy

Simona Iacobellis

La tanto lodata riuscita della zero-Covid policy aveva già rivelato i primi segni di cedimento dopo gli eventi di Shanghai e Pechino: nonostante l’iniziale lode alla Repubblica Popolare per aver sconfitto l’epidemia grazie all’efficienza e alle ristrettive opere di vigilanza utilizzate, basate su lockdown e privazione della libertà personale, i fallimenti stanno venendo a galla uno per uno. 

Secondo il Governo, il World Health Organization (Who), quando ha criticato la zero-covid policy ritenendola insostenibile, sbagliava, affermando che il Who non comprendeva la scienza e che fosse addirittura ignorante riguardo i virus. Ma i fatti stanno rivelando proprio il contrario e la Cina non riesce proprio ad ammetterlo.

Tra le assurde misure adottate dal Governo, accanto al prelievo forzato dei cittadini dalle loro abitazioni, alla reclusione di gente in tendoni lugubri e dalla scarsa igiene, c’è anche l’utilizzo, per non dire lo sperpero, di tamponi sugli animali. Non si parla solo di animali domestici – cani e gatti positivi venivano abbattuti senza alcun fondamento scientifico, infatti non è ancora stato provato che gli animali possano trasmettere il virus all’uomo – ma anche di pesci, crostacei e qualsiasi tipo di animale la cui destinazione sarebbe dovuta essere lo stomaco dei cinesi. Azioni che, oltre ad essere infondate, miravano solo a rassicurare i cittadini sulla provenienza del loro cibo. 

Oltre a creare malcontento e a suscitare le reazioni da parte del popolo, tutte le assurde misure attuate e ancora in corso hanno dei costi che sono ricaduti, tra le altre cose, anche sul sistema sanitario privato. 

I danni per il sistema sanitario 

Il caso preso in analisi da Reuters e esempio delle difficoltà che sta creando la politica cinese perseguita finora è Minsheng, ospedale della città Fuyang. L’ospedale è stato costruito solo quattro anni fa ma è fallito nel mese di marzo perché non più in grado di sostenere le spese. 

Negli ultimi anni l’ospedale è stato impegnato nella vaccinazione e nei test di massa in città. I suoi dipendenti sono stati impegnati in “prima linea” a condurre tutte le misure imposte dal governo e  nelle strutture mobili piazzate in città per eseguire i tamponi faringei per entrare in scuole e luoghi di lavoro. La conseguenza è stata la sospensione dei servizi su cui si reggeva l’ospedale da un punto di vista economico. 

La guerra cinese al coronavirus è ormai sfuggita di mano. Il direttore dell’ospedale Li Wenfang sul sito dell’ospedale scrive “Andremo dove sarà necessario. L’epidemia non si ritira e noi non ci ritireremo”. Segno distintivo della cultura cinese è senza dubbio la tenacia con cui combattono le loro battaglie. 

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