Perché ci serve il gendarme Usa

Nathalie Tocci

Il vertice Nato a Madrid segna una svolta: l’ufficializzazione che il post-Guerra fredda è finito e che la Russia rappresenta non più un partner strategico, ma una minaccia diretta per l’Europa. Associata ad una mano tesa a Mosca, la deterrenza è rimasta un pilastro per l’Alleanza Atlantica anche nel periodo che si è aperto dopo la fine della Guerra fredda. A seguito della crescente aggressività della Russia, soprattutto dal 2014 in poi, la deterrenza è andata via via aumentando, fino agli attuali 40mila militari in alta allerta che oggi si trovano sul territorio Nato. 40mila militari rappresentano sì un’efficace deterrenza, ma non una vera e propria difesa laddove ce ne fosse bisogno. Come è noto, la Russia aveva mobilitato ben più di 200mila uomini ai propri confini occidentali prima di dare il via all’invasione dell’Ucraina.

Il vertice Nato non poteva non prendere atto che la guerra c’è e che non dà segni di poter finire in tempi brevi. Finché Vladimir Putin rimarrà al potere è difficile, se non impossibile, immaginare una reale pace. È per questo che la postura militare cambia: sarebbe semmai irresponsabile non farlo. Saranno così 300mila i militari Nato in alta allerta per rispondere ad un eventuale “spillover” nel resto del continente della guerra in corso in Ucraina. Gli Stati Uniti in particolare hanno risposto positivamente alle richieste degli alleati est-europei, con una base permanente in Polonia e 5mila uomini aggiuntive in Romania. Il vertice dell’Alleanza segna una svolta anche perché inquadra la guerra in Ucraina e lo scontro con Mosca come parte di una sfida molto più ampia che vede come protagonista la Cina. Il nuovo Concetto Strategico non dipinge esplicitamente un mondo diviso tra democrazie e autocrazie, ma è chiaro nel definire quella posta da Pechino come una sfida sistemica non soltanto ai nostri interessi, ma anche ai nostri valori. Probabilmente, se gli Stati Uniti non vedessero lo scontro con Mosca collegato all’antagonismo con la Cina, non si spenderebbe tanto su una potenza, quella russa, tanto pericolosa quanto palesemente in declino. Infine, il vertice di Madrid ha visto l’invito formale dell’Alleanza Atlantica alla Finlandia e alla Svezia, in risposta alle richieste di adesione dei due Paesi nordici minacciati da Mosca. Il nodo del veto della Turchia è stato sciolto con un memorandum d’intesa tra Svezia, Finlandia e Turchia, e la luce verde di Joe Biden alla vendita di caccia F-16 ad Ankara. La ratifica dell’adesione da parte dei trenta Stati membri della Nato non sarà immediata, ed è prevedibile che Ankara dia ancora del filo da torcere mentre si avvicina a elezioni presidenziali l’anno prossimo il cui risultato è tutto tranne che scontato. Detto questo, l’allargamento dell’Alleanza è una questione di quando, non più di sé; un altro segnale di drammatica presa d’atto della “Zeitenwende” che stiamo vivendo. L’era in cui vivevamo era confortevole, non c’è dubbio: un’era segnata da pace e prosperità, ma anche da una buona dose di ipocrisia e convenienza, visto che ci ostinavamo a non vedere che qualcosa di radicale stava cambiando a Mosca. C’è chi lo fa ancora, puntando il dito contro l’espansione della Nato, e citando le preoccupazioni della Russia o i diritti delle minoranze russofone in Ucraina orientale (le prime vittime della guerra criminale del Cremlino). Eppure Putin e l’intero establishment russo parlano ormai apertamente del reale obiettivo di questa guerra: la restaurazione del territorio “storico” della Russia. È evidente che un progetto del genere non si ferma volontariamente nel Donbas. Inevitabilmente l’Alleanza Atlantica, che ruota attorno alla difesa collettiva e che include e includerà Paesi che rappresentano potenziali prede di Putin, deve fare i conti con questa nuova realtà.

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.