Il patto Draghi-Macron: più fondi contro la crisi

Alessandro Barbera

Emmanuel Macron non lascia a Mario Draghi nemmeno il tempo di scendere dall’auto. Lo abbraccia con gesto plateale: di quelli che piacciono a lui, meno all’italiano. Ma è Draghi ad aver chiesto al cerimoniale di organizzare la cena all’Eliseo con l’alleato francese. Mai come in questo momento l’uno ha bisogno dell’altro. Nelle prossime due domeniche l’appena rieletto presidente si gioca la conferma della maggioranza alle Camere. Gli ultimi sondaggi dicono che il suo partito – En Marche – potrebbe non avere la maggioranza assoluta al secondo turni delle elezioni politiche. Lo insidia la santa alleanza delle sinistre capeggiata dal populista Jean-Luc Mélenchon. Due giorni dopo i ballotaggi – il 21 giugno – a fare i conti con i numeri in Parlamento sarà Draghi, quando farà le comunicazioni che precedono il Consiglio europeo. Il vertice dei Ventisette di fine giugno è – non a caso – l’argomento principale del rendez vous parigino fra i due alleati.

Draghi e Macron sanno di non avere la stessa agenda sull’Ucraina, né lo stesso atteggiamento verso Mosca. Pur di non apparire schiacciato sulle posizioni di Londra e Washington, il presidente francese si è attirato le critiche in casa e a Kiev. La campagna elettorale, il bisogno di piacere a sinistra e ad un pezzo di destra (l’ex Nicolas Sarkozy è un suo sostenitore), il tentativo (fallito) di essere il king maker di una soluzione diplomatica, hanno spinto Macron lontano da una posizione coerentemente atlantista. Durante la cena i due discutono anzitutto di questo, e di come trattare la richiesta di adesione dell’Ucraina all’Unione europea. Draghi, premier di un Paese che si affaccia sull’Adriatico, è costretto a tenere conto delle richieste di adesione arrivate prima da parte dei cinque Stati della ex Yugoslavia e dell’Albania. Macron, leader di un Paese tradizionalmente contrario alla politica di allargamento dell’Unione, fa il contrario. Al massimo è favorevole ad una “comunità politica”, un modo per allontanare la richiesta di adesione di altri Paesi.

Per entrambi i leader la priorità è un’altra: come affrontare il prezzo della crisi. Sin dal vertice straordinario dei Ventisette di Versailles, il primo dopo l’inizio della guerra, Draghi e Macron hanno sostenuto senza successo l’ipotesi di un nuovo Recovery plan. Il “Repower Eu”, il programma per finanziare l’autonomia energetica dell’Unione dalla Russia, è fatto in gran parte di fondi fin qui rimasti inutilizzati. Le probabilità di vincere le resistenze dei Paesi nordici sono molto basse, ma per i due quel che conta è far pesare l’alleanza di chi invece crede alle risposte comuni. L’alleanza fra Draghi e Macron è fatta anche di dettagli meno visibili: basti qui citare le indiscrezioni a proposito di un piano di emergenza della Banca centrale europea in caso di attacco ad uno dei Paesi della zona euro. L’aumento (quasi certo) dei tassi di interesse dopo l’estate costringono la politica a occuparsi anche di questo.

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