Il Milan nel nome di Ibra. La città del tricolore rossonera come il Duomo

Ma questa squadra non è a fine corsa, anzi. Potrebbe aver solo cominciato. A metà ripresa c’è la sosta per rinfrescarsi. La gente rossonera, più che l’acqua, sarebbe pronta per lo champagne. E quando si alza Ibra scatta il boato: sembra di tornare a quel gennaio di due anni fa quando lo svedese si preparò per entrare all’inizio della ripresa di Milan-Samp. Era appena tornato a Milano e aveva idee strane. Disse che era lì per vincere lo scudetto e venne circondato di sorrisini. A Reggio invece si ride di entusiasmo, soprattutto quando segna un gran gol di testa, ma un guardalinee spietato glielo cancella.

Non importa, oggi si perdona tutto. All’82’ finalmente ci crede anche Stefano Pioli che imita Ibra, in piedi davanti alla panchina. Il mister dell’impossibile può sciogliere la tensione. Guarda in tribuna, saluta, alza le mani in segno di trionfo: è il segnale che la festa può partire. La gente si scatena, undici anni senza tricolore sono tanti per tutti, figuriamoci per tanti ragazzini che non avevano mai visto uno scudetto rossonero.

Al 92′ Doveri fischia e scatta l’invasione di campo. Chi lo ferma più il popolo rossonero? L’annuncio all’altoparlante fa tenerezza: «Siete pregati di stare seduti al posto assegnato…». Ci vorrebbe un Rivera, come nello scudetto del ’79, quando riuscì a far uscire la gente dal secondo anello pericolante per iniziare la sfida decisiva col Bologna. Alla fine però il miracolo si avvera anche qui: le tribune si ricompongono, il prato si svuota, si possono premiare i campioni. Si parte dal numero 1 Tatarusanu che parò un rigore-scudetto nel derby di andata, si finisce con il capitano Romagnoli, che negli ultimi tempi era stato quasi dimenticato. In mezzo il terzo Maldini con lo scudetto, Daniel, il balletto di Kessie e Ibra che sale sul palco fumando un sigaro. Magari pensando a tanti sorrisetti…

IL GIORNALE

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