Noi e l’Ucraina: l’appello e l’impegno

di Antonio Polito

«L’Ucraina è il cancello, ma è in Europa che vogliono entrare». Applaudendo ieri il presidente Zelensky, il Parlamento italiano ha condiviso questa sua analisi, e l’ha fatta propria. È un passaggio decisivo della nostra politica estera, e per molti aspetti una svolta. Per vent’anni una parte importante della politica italiana ha sperato in vario modo di poter essere amica di Putin, e di riceverne perciò un trattamento speciale. Nello stesso Parlamento in cui ieri il presidente ucraino ha accusato l’autocrate di Mosca di essere l’unico responsabile della carneficina nel suo Paese, siedono molte forze politiche che si erano fregiate di una «relazione speciale» con Putin, e l’avevano fatta valere anche in politica interna.

Dell’ammirazione personale di Berlusconi, al limite della venerazione, sappiamo tutto. Dei rapporti di Salvini e Savoini, inviato speciale della Lega a Mosca, si è occupata perfino la magistratura. Della generosità con cui il governo di Giuseppe Conte aprì le porte a una missione medico-militare russa durante il Covid, stiamo apprendendo molto in queste ore. Eppure ciò non ha impedito al nostro Parlamento di invitare Zelensky, di ascoltarlo, di applaudirlo e di prendere attraverso il governo un impegno solenne nei confronti dell’Ucraina: aiutarla a difendersi (anche con l’invio di armi, unico modo per difendersi in guerra) e aiutarla a entrare nell’Unione europea (perché la considera parte della nostra stessa comunità ideale e politica). Vedremo quanto a lungo durerà questa compattezza, e sopratutto se reggerà a prove più dure per tutti noi, esposti come siamo al ricatto energetico del Cremlino. Ma, per ora, troppo brutale, troppo ingiustificata, troppo disumana è stata l’aggressione militare di Putin perché ci potessero essere dei distinguo.

Naturalmente, al solito modo degli ignavi, più di 350 parlamentari hanno disertato la seduta, forse perché semplicemente distratti, indifferenti, in altri affari affaccendati; o impauriti, o neutrali tra l’aggressore e l’aggredito, come il senatore pentastellato Petrocelli che vorrebbe togliere la fiducia al governo e non si capisce a che titolo possa restare presidente della commissione Esteri a nome del partito che sia Conte, sia Fico, sia Di Maio hanno schierato contro l’aggressione. O addirittura perché, come la senatrice Granato, ennesima profuga della diaspora dei Cinquestelle, tifano apertamente per Putin, che «sta combattendo una battaglia non solo per la Russia ma per tutti noi». Ma dal punto di vista politico, quando persino i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, maggior partito di opposizione, riconoscono a Zelensky di essere un «leader europeo» che va aiutato in tutti i modi, ci possono essere pochi dubbi sulla posizione del nostro Paese: l’Italia — nelle parole di Draghi — vuole l’Ucraina libera e la vuole nell’Unione europea.

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