Uccise il padre per salvare la madre: assolto

di VIVIANA PONCHIA

Alex Pompa, 20 anni, insieme con la mamma Maria Cotoia e il fratello Loris
Alex Pompa, 20 anni, insieme con la mamma Maria Cotoia e il fratello Loris

“Mi auguro che i giudici capiscano – diceva la mamma nell’attesa della sentenza che avrebbe cambiato le loro esistenze – vogliamo solo una vita normale”. Ai giudici aveva passato la palla il pm Alessandro Aghemo, “costretto” dal codice a chiedere una condanna a 14 anni. E dopo sei ore di camera di consiglio la corte d’Assise presieduta da Alessandra Salvadori ha emesso quel verdetto difficilissimo, assolvendo il ventenne Alex Pompa, che il 30 aprile dell’anno scorso – quand’era appena maggiorenne – a Collegno uccise il padre Giuseppe, operaio di 52 anni, per difendere la madre durante l’ennesima lite: “Il fatto non è reato”. Esulta Maria Cotoia: “Abbiamo vinto noi, finalmente la vita vera”. Mentre suo figlio ha “fretta di tornare a casa ad abbracciarci”, perché in tribunale non è la stessa cosa. Alex aveva ucciso il padre violento con 34 coltellate e sei coltelli diversi, spezzando la lama nell’ultimo fendente mortale. Ma aveva poi subito chiamato i carabinieri confessando il delitto commesso.

Il verdetto prevedeva solo due alternative: 14 anni oppure l’assoluzione come chiesto dall’avvocato Claudio Strata che ha spiegato la drammatica situazione vissuta in quella casa. Una motivazione che la corte ha riconosciuto in pieno, anche se l’introduzione delle regole per il ’codice rosso’ portano a escludere la concessione di attenuanti per chi uccide una persona legata a vincoli familiari. Quindi il fatto in sé non costituisce reato. “Ce lo meritiamo – dice il ragazzo frastornato – Ora posso riprendermi la mia vita. Abbiamo sempre confidato nella giustizia e abbiamo sentito il supporto di tutti nonostante tanti momenti duri”. Il fratello maggiore Loris gli tiene una mano sulla spalla: “Abbiamo visto la morte in faccia e Alex ci ha salvato la vita“. In aula ad ascoltare la sentenza c’era anche “il mio angelo custode”, l’imprenditore trevigiano Paolo Fassa, che ha deciso di aiutarlo dopo aver sentito la notizia al telegiornale. Ha trovato il miglior penalista della città, seguito tutte le tappe della vicenda, dispensato consigli telefonici. E il super avvocato per convincere la Corte ha fatto ascoltare 250 registrazioni scioccanti, 9 ore di audio con le urla e gli insulti fra marito e moglie.

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