Codice rosso, nel 2021 una vittima su tre è un femminicidio: come cambierà la legge

Maria Berlinguer

ROMA. Da agosto a oggi sono 11 le donne che hanno perso la vita, quasi sempre per mano di un ex marito, un compagno che non accettava la separazione o la fine di una vita segnata dalle continue violenze dentro le mura di casa. Da gennaio a settembre, su 206 omicidi, 86 vittime sono donne, 73 uccise nell’ambito familiare o affettivo. Sono solo la punta dell’iceberg di una violenza che subisce un’escalation irrefrenabile. «Quello che affrontiamo è un crimine odioso, avvertito come una piaga sociale e un crimine che possiamo combattere solo se lavoriamo insieme con una comunione di analisi, intenti e di azioni», dice la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese al convegno «Femminicidi prospettive normative» organizzato a Montecitorio dal commissario per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime di reati di tipo mafioso e dei reati internazionali violenti, il prefetto Marcello Cardona. Per Lamorgese la mattanza delle donne affonda le radici nell’organizzazione patriarcale della società. «Credo che una delle esigenze sia ripensare le misure di prevenzione personale, ci si potrà orientare verso un’estensione mirata dell’arresto obbligatorio in flagranza, l’introduzione di una specifica disciplina del fermo di indiziato di delitto e prevedere la segnalazione al prefetto del procedimento avviato per alcuni delitti al fine dell’adozione di ulteriori misure», spiega la ministra sottolineando l’importanza di introdurre un indennizzo più sostanzioso per le vittime e i figli.

Una proposta concreta arriva dalla ministra agi Affari regionali Mariastella Gelmini che propone di estendere anche alle donne che denunciano la norma di protezione per i testimoni di giustizia. «C’è la necessità di predisporre una più efficace rete di protezione attorno alle donne che scelgono di denunciare» spiega. Sulla stessa linea è la ministra Mara Carfagna. Il tema brucia. «Maschilismo tossico» lo definisce il presidente della Camera Roberto Fico, convinto che la violenza vada combattuta non solo integrando il quadro normativo ma «rimuovendo gli ostacoli sul lavoro e i limiti culturali, partendo dalle scuole».

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