Giudici, cosa succede quando sbagliano: magistratura, processi e carriere

di Milena Gabanelli e Virginia Piccolillo

Credibili, capaci di riscuotere fiducia, senza ombre e sospetti. Così il capo dello Stato vorrebbe i giudici. E pronti ad affrontare le proprie responsabilità. Ma chi sbaglia paga? I magistrati che commettono reati affrontano i tre gradi di giudizio, come tutti i cittadini. Ma nel frattempo è il Consiglio Superiore della Magistratura a decidere se trasferirli, sospenderli, radiarli, o lasciarli al loro posto fino a sentenza definitiva. Ed è sempre il Csm a decidere se, e come sanzionare i comportamenti che non onorano la toga. Vediamo come funziona il sistema.

Rimozione: chi decide e quando

In casi gravi la rimozione arriva anche in tempi brevi. Silvana Saguto, presidente delle misure di prevenzione del Tribunale di Palermo è stata radiata nel marzo 2018 per l’uso della «posizione di magistrato per ottenere vantaggi ingiusti», 2 anni prima della condanna a 8 anni per il «patto corruttivo permanente» con avvocati, funzionari e ufficiali sulla gestione dei beni ai mafiosi. Per rimuovere Luca Palamara, accusato di «manovre occulte» per condizionare il Csm, sono bastate 9 sedute. Nel 2009 toccò a Edi Pinatto, che impiegò oltre 7 anni a scrivere la sentenza di un grosso processo di mafia, causando la scarcerazione di alcuni boss. La Corte dei Conti, colpita dai «compiti estremamente gravosi» per un magistrato non «idoneo a farvi fronte a causa della sua inesperienza», gli dimezzò la sanzione pecuniaria. Ma in altri, casi, altrettanto gravi, si viaggia più lenti. La legge Castelli, modificata dal governo Prodi, concede al ministro della Giustizia e al Procuratore generale della Cassazione un anno di tempo dalla notizia del fatto per promuovere l’azione disciplinare; un altro anno al Pg per le richieste; un altro ancora alla sezione disciplinare per pronunciarsi. Tra ricorsi e contro-ricorsi alle Sezioni Unite della Cassazione il meccanismo si inceppa. E scaduti quei tempi la malefatta resterà impunita.

Intanto la toga infangata resta indosso. La Cassazione ha disposto che venga giudicato di nuovo anche Davide Nalin, l’ex pm del pool dei reati sessuali di Rovigo, che pressava una studentessa del corso per magistrati affinché inviasse una foto hot a Francesco Bellomo, il consigliere di Stato destituito perché imponeva alle borsiste dress code con tacchi a spillo e regole vessatorie, anche lui in attesa di discutere il ricorso. Nel frattempo Nalin ha superato lo scritto per il concorso al Tar. Orali a luglio.

Da indagato processa gli altri

La sospensione da funzioni e stipendio è obbligatoria solo in caso di arresto. È facoltativa, invece, per chi è sotto procedimento penale. Il ministro o il Procuratore Generale la devono chiedere, ma non sempre lo fanno, e il Csm la può comunque revocare. Così c’è chi, anche con accuse gravi pendenti, continua ad esercitare. Come Maurizio Musco, pm di Siracusa, accusato di favorire nelle indagini l’amico avvocato sbroglia-faccende Piero Amara e i suoi amici. Il Guardasigilli Paola Severino ne aveva chiesto e ottenuto «con urgenza» il trasferimento cautelare a Palermo già a fine 2011. Ma nel 2014 il gup lo assolve, la procura fa ricorso e il Csm lo rimanda a Siracusa, dove 8 magistrati su 11 denunciano il «rischio di inquinamento dell’azione della procura». Musco viene ritrasferito, a Sassari. Intanto fioccano le condanne in Appello, in Tribunale a Messina, alla Corte dei conti. Il Csm lo radia solo nel 2019. La Cassazione conferma nel 2020. In quegli otto anni Musco ha continuato a processare gli altri. O come Ferdinando Esposito, accusato di pressioni improprie fatte tra il 2012 e il 2014 per avere un attico a due passi dal Duomo di Milano a canone stracciato. Per lui, figlio di Antonio Esposito, che condannò Silvio Berlusconi, ci fu solo il trasferimento per abuso di potere. Chi avrebbe potuto chiederne la sospensione da funzioni e stipendio era la procura generale di Cassazione, a capo della quale, fino al 2012 c’era lo zio Vitaliano. Non lo fece. Ferdinando Esposito ha esercitato fino alla radiazione, avvenuta tre mesi fa. Il ruolo di quell’ufficio è cruciale. Se una pratica arriva istruita male il Csm non può che archiviare. Per questo dovrebbero esserci magistrati senza ombre. Ecco perché ha fatto scalpore che il pg Mario Fresa dopo aver sferrato, durante il lockdown, un pugno alla moglie causandole un «vistoso ematoma sull’arcata sopracciliare» non sia stato trasferito dal Csm lo scorso 19 maggio (9 voti pro, 8 contro, 8 astenuti). Lei ritira la querela e ritratta.

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.