Parte la corsa al dopo Zingaretti: pressing su Letta

Ai giorni dell’appello seguono quelli del mutismo. Esaurite le esortazioni, è scattato il silenzio ufficiale. La deadline offerta dal “gruppo dirigente” a Nicola Zingaretti per ripensarci è scaduta con l’intervista del segretario uscente a Barbara D’Urso, che non è stata accolta con tripudio ai piani alti del Nazareno. A questo punto la parola d’ordine, accanto a “fare presto”, diventa quella di eleggere un segretario con pieni poteri, autorevole e capace di gestire questa fase. L’obiettivo è che l’assemblea del 13 marzo – data ancora in piedi – non metta in campo né reggenti né congressi.

Sul nome, però, l’accordo tra le correnti è ancora lontano. Raccontano che il pressing per convincere Enrico Letta a rimpatriare, soprattutto su iniziativa di Dario Franceschini, non sia stato frenato dal disimpegno pubblico dell’attuale direttore della School of International Affairs di SciencesPo. “Con sorpresa ho letto sui giornali (Repubblica, ndr) il mio nome come possibile segretario del Pd – ha twittato ieri – Ma io faccio un’altra vita e un altro mestiere”.

Pur considerato una personalità di indiscusso standing e capacità, una “risorsa” come si diceva un tempo, il nome di Letta lascia qualche dubbio negli zingarettiani e nell’ala più a sinistra dei Dem. Non certo per il “pedigree” lettiano, precocemente europeista, da sempre attento ai temi del welfare e del lavoro con grande sensibilità sociale (il suo motto in politica è l’inno del Liverpool: you’ll never walk alone), presidente dell’Istituto Jacques Delors, che negli ultimi anni ha persino intensificato i rapporti con il socialismo europeo. Il punto problematico risiederebbe nella congiuntura con Mario Draghi a Palazzo Chigi, e nella prospettiva di un asse forte e capace di orientare in modo netto le politiche di un partito confuso. Sullo sfondo, remota ma minacciosa, la competizione tra ex Ds ed ex Margherita, le due anime fondatrici del Pd che questa crisi ha rianimato.

In questo quadro, l’area del segretario dimissionario punterebbe piuttosto su due nomi: il giovane e apprezzato ex ministro del Sud Peppe Provenzano, oppure la portavoce della Conferenza delle Donne Cecilia D’Elia. Ma le indiscrezioni su un’ipotetica corsa per il Campidoglio di Zingaretti – che lui, in collegamento con la trasmissione di Barbara D’Urso, ha però smentito – mettono in circolazione anche il nome dell’ex ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, finora considerato il candidato più accreditato per sfidare Virginia Raggi.

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