Milioni di vecchi e nuovi poveri: non possiamo abbandonarli

di Carlo Verdelli

I numeri sono importanti, come e più delle parole. Ma scappano via. Capita di leggerli e poi dimenticarli, scaricando la mente, e qualche volta la coscienza, da quello che provano a dirci. Per esempio, un numero come questo: 5 milioni 600 mila. È la stima dell’Istat sui poveri assoluti in Italia, un milione in più di quanti fossero nel marzo scorso, quando il Covid era ancora una minaccia. Vuole dire che oggi quasi un italiano su dieci (il 9,4 % della popolazione) fatica moltissimo a fare fronte ai bisogni essenziali: mangiare, curarsi, coprirsi se è freddo.

Li vedi, gli ultimi arrivati nel girone dei retrocessi, cominciare a mettersi in fila nei posti dove ti danno un sacchetto di cibo gratis, tipo i centri organizzati dalla Caritas, o dei vestiti, delle medicine che ormai sono fuori dalla loro portata economica. Forse, o anzi certamente, provano anche vergogna a ritrovarsi lì, con la mano tesa, obbligati a chiedere, incapaci di procurarsi il minimo, scivolati quasi senza accorgersene sotto la soglia che li divide da quelli che arrancano ma ancora resistono: gli italiani del gradino appena sopra, classificati nella categoria della «povertà relativa». Una fascia in allargamento, tra i 7 e i 9 milioni di persone, dove la battaglia per una vita dignitosa è quotidiana e non sempre la si vince.

In trincea con loro, sia con i poveri «assoluti» sia con i «relativi», convivono anche 1 milione 346 mila tra bambini e ragazzi (209 mila in più dell’anno scorso), un altro numero che se lo vedi scritto magari non impressiona ma che trasformato in un’immagine corrisponde a 17 grandi stadi di calcio completamente esauriti, pieni fino all’orlo di minori che, tra l’altro, rischiano di non finire le scuole, nemmeno quelle dell’obbligo, candidati a un futuro senza futuro.

La pandemia ha accelerato brutalmente il processo di sganciamento dei vagoni di coda del treno Italia. Redditi decurtati, o già scomparsi, o in via di estinzione (quando a luglio terminerà il blocco dei licenziamenti). Salto in basso dal precariato alla disoccupazione. Gente che non riesce nemmeno a pagare le spese per seppellire i propri morti. Sempre più indigenti che si presentano ai servizi sociali per chiedere un aiuto: lavoratori irregolari, lavoratori in nero che non hanno percepito cassa integrazione né ristori, rider in fila per ritirare la busta con i viveri per sé, indossando lo zaino che da lì a poche ore conterrà il buon cibo da consegnare a chi può ordinarlo.

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