Draghi tiene per sé la delega ai Servizi e chiede il 60% di donne sottosegretarie

carlo bertini, ilario lombardo

ROMA. Tocca ai partiti: per sottosegretari e viceministri Mario Draghi si aspettava una rosa di nomi già ieri. Due i criteri fissati dal premier. Il primo: contano gli equilibri espressi durante il voto di fiducia. Questo vuol dire che il M5S, avendo perso 41 parlamentari contrari, nel governissimo del banchiere peserà meno di quanto avrebbe potuto se fosse rimasto integro. Secondo criterio: più della metà, possibilmente il 60 per cento, delle candidature dei partiti devono essere di donne. Più facile a dirsi che altro. Le quote di genere hanno complicato il casting delle forze di maggioranza, tanto che le decisioni definitive attese per oggi slitteranno a domani o a metà settimana. Bisognerà aspettare ancora qualche ora per avere un quadro completo sul sottogoverno. Pare ormai certo però che il presidente del Consiglio voglia tenere per sé la delega sui servizi segreti. Come è noto, la responsabilità sull’intelligence in capo al premier è stato uno dei temi usati da Matteo Renzi contro Giuseppe Conte per scatenare la crisi sul precedente governo. Draghi avrebbe espresso le stesse convinzioni del suo predecessore, anche se tra i partiti c’è chi non esclude che in un secondo momento il capo del governo possa affidare la materia a un’autorità delegata di provenienza tecnica. Così sarebbe propenso a fare sul fisco, con una delega ad hoc, che il premier considera utile in vista della riforma delle aliquote, e che potrebbe finire in mano a Ernesto Maria Ruffini dell’Agenzia delle Entrate.

Il bilancino dei partiti della maggioranza allargata conferma invece la declinazione quasi esclusivamente politica del resto dei sottosegretari, a partire dall’editoria che potrebbe restare al dem Andrea Martella. Per quanto riguarda i rapporti di forza numerici la Lega ha chiesto, con sponda Pd, che il M5S rinunci ad almeno tre caselle. Alla luce dello sgretolamento del gruppo parlamentare, i grillini arriverebbero al massimo undici o dodici sottosegretari. Il Carroccio ne vuole otto o nove, e otto anche il Pd e Forza Italia (che però dovrebbe riservarne uno all’Udc). A Italia Viva ne toccherebbero due e a Leu uno soltanto.

Per quanto riguarda i nomi, Pd e M5S, partiti di maggioranza del governo uscente, si manterrebbero sulla continuità. I dem scontano la bruciante polemica sulle mancate quote femminili nei ministeri e perciò sembra scontato che la spunteranno almeno cinque donne (in lizza ci sono Alessia Morani al Mise, Simona Malpezzi ai Rapporti con il Parlamento, Sandra Zampa alla Salute, Marina Sereni agli Esteri, Francesca Puglisi al Lavoro, Anna Ascani alla Scuola, Lorenza Bonaccorsi alla Cultura, più Cecilia D’Elia e Marianna Madia in varie possibili destinazioni). Dal Pd vorrebbero confermato Matteo Mauri all’Interno, a guardia di un ministero che con Matteo Salvini nel governo potrebbe infuocarsi sul fronte della sicurezza e dell’immigrazione, e Antonio Misiani all’Economia.

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