Un altro orizzonte
In questo alzare il punto di vista sul senso profondo delle cose e della realtà, e dunque agire, c’è una radicale discontinuità rispetto al passato, anzi a più passati. E il cuore politica del mandato di Draghi, che della politica recupera la sua funzione più alta e il suo senso chiamandola, implicitamente, a una rifondazione profonda. Uno dei frutti della crisi italiana è proprio la separazione tra “tecnica”, come luogo della competenza, e “politica”, come spazio di ricerca del consenso, affidata agli effetti speciali. Con la prima che arriva, sotto forma di commissariamento, quando la seconda fallisce. E poi si riparte col solito andazzo. Proprio di questa dicotomia viene proposto un superamento, perché la ricostruzione del paese, come avvenuto nel citato Dopoguerra, impone, al governo e alle forze chiamate a sostenerlo, un salto di qualità e la capacità di ritrovare il senso di una missione comune. Ecco il passaggio che, nell’archiviare le formule del politicismo – “larghe intese”, “salvezza”, “governo di emergenza” – riporta all’essenziale: “Quello che ho l’onore di presiedere è semplicemente il governo del paese”, in cui “nessuno fa un passo indietro ma un passo avanti nel rispondere alle necessità del paese”. Cavour, unico politico citato, fu un “costruttore” dello Stato e di una nazione da unire. A Draghi, spetta il compito di ricostruirla, superando quelle ataviche fragilità che il Covid ha squadernato, dall’affanno della pubblica amministrazione al gap tra garantiti e non garantiti, attraverso una nuova tensione unitaria.
L’unità, per come viene invocata, non è un orpello retorico, né un appello ai buoni sentimenti, come fosse una sorta di psicofarmaco rispetto alle consuete crisi di nervi cui è avvezzo il discorso pubblico italiano. La famosa ammucchiata, ovvero quella notte in cui le vacche sono nere, che tanto piace ai professionisti dell’antipolitica in servizio permanente effettivo. È, essa stessa, per come è prospettata, una costruzione politica che si fonda su una certa idea dell’Italia. L’idea cioè di una collocazione internazionale “irreversibile”, convintamente europeista e convintamente atlantica; l’idea della centralità della transizione ecologica; l’idea del clima mutuata anche Papa Francesco, secondo cui “le tragedie naturali sono la risposta della terra al nostro maltrattamento”. È l’idea che chi è a bordo deve essere consapevole della rotta intrapresa, anche nel metodo e nella concezione del potere, il cui tempo non può essere “sprecato nella sola preoccupazione di conservarlo”. Proprio un altro orizzonte.
L’HUFFPOST
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