Manovra, i mille rivoli di favore in mezzo a tante scelte non fatte

La Ragioneria, con 34 pagine di rilievi, ne ha bocciati 80. Ma la legge di bilancio è passata tra gli scogli di un rimpasto e quelli di una crisi (il M5S non ha votato il rinnovo del contratto di programma sulla Tav, passato con il voto dell’opposizione). Secondo una consuetudine, vi erano «risorse assegnate alla gestione parlamentare» (Luigi Marattin, presidente della Commissione finanze della Camera dei deputati, Il Foglio, 16 dicembre), quelle usate dai governi per tacitare le voci più critiche delle opposizioni. Da 800 milioni, queste sono lievitate a 4,6 miliardi, con cui il governo ha comprato la benevola neutralità dei parlamentari (anche) di opposizione. Il relatore di maggioranza ha parlato di «proficua triangolazione istituzionale tra maggioranza, opposizione e governo». Il leader della Lega ha esultato: «seppure all’opposizione, il centrodestra ha ottenuto misure per 10 miliardi» (Corriere della sera, 22 dicembre). Così l’opposizione «non è stata pregiudizialmente contraria»: «ci siamo confrontati rispettandoci», ha detto in Parlamento un autorevole deputato di opposizione. Le proposte di quest’ultima, salvo gli interventi per lavoro autonomo, digitalizzazione, emergenze, sono state «frammentate in piccoli interventi da qualche milione di euro, per rinsaldare l’unico meccanismo di selezione che conti, un bacino elettorale (territoriale o settoriale) in grado di garantire la rielezione» (così il presidente della Commissione finanze della Camera, già citato). Insomma, la maggioranza, divisa al suo interno, ha superato il potere di interdizione delle opposizioni accattivandosele con la distribuzione di risorse destinate alle loro constituencies, ma a spese della collettività e di coloro che, in particolare, dovranno pagare domani, con le tasse, il peso del debito aggiuntivo. Ora, il dialogo governo – opposizioni è utile, anzi necessario, ma non se si svolge danno del Paese, che ne paga il costo. Come ha dichiarato il vice ministro dell’economia Misiani, le risorse a disposizione delle opposizioni non erano mai tanto lievitate come quest’anno. Il bilancio 2021 accolla alle generazioni future un debito aggiuntivo, acceso per finanziare in larga misura spese correnti, senza lasciare, a loro beneficio, almeno una dotazione di beni in conto capitale (scuole, ospedali, verde attrezzato, linee ferroviarie, uffici pubblici meno decrepiti). Tutte queste elargizioni si aggiungono ai numerosi «Decreti ristori» e alle ulteriori spese del «Milleproroghe» e graveranno su anni dopo il 2022 (o il 2023), quando finirà la sospensione dei vincoli del patto di stabilità. Come si spiega questa apoteosi del corporativismo in salsa populista? La chiave l’ha fornita qualche anno fa il nostro maggior sociologo, Alessandro Pizzorno, riprendendo da Bagehot la metafora del teatro, sul cui palcoscenico si svolge la funzione gladiatoria dei partiti e prevale la politica simbolica, mentre dietro le quinte agiscono gli interessi concreti e i soggetti che ne sostengono le domande, brokers, lobbies e organizzazioni di categorie, in un circuito coperto, dominato dagli interessi a breve termine. Insomma, il contrario di un discorso politico aperto.

CORRIERE.IT

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