“Se avessero trattato Mps come il caso Verdini sarebbe in carcere mezzo Parlamento”

“Io non sono mai stato tenero con Verdini, anzi. Ho seguito la sua storia giudiziaria, tutti i suoi processi, nello specifico la vicenda del Credito Cooperativo Fiorentino sin da quando è iniziata, nel 2011. Ed è apparsa a dir poco particolare”. Davide Vecchi, per dieci anni cronista di giudiziaria inviato del Fatto Quotidiano e oggi direttore del Gruppo Corriere (Corriere dell’Umbria, Corriere di Siena, di Arezzo, Rieti e Viterbo), parla all’HuffPost all’indomani della sentenza della Cassazione su Denis Verdini. L’ex senatore di Forza Italia e fondatore di Ala è stato condannato a 6 anni e mezzo per il crac della banca di Credito Cooperativo Fiorentino, di cui era presidente. Il procuratore generale della Suprema corte aveva chiesto l’annullamento con rinvio per una parte delle accuse, ma il collegio ha confermato la sentenza d’appello. La parola fine sul caso è stata scritta, ma il giornalista, che conosce bene la vicenda, non può non fare alcune riflessioni. “L’inchiesta della procura di Firenze era approfondita, un lavoro certosino – ricorda Vecchi – un fascicolo pieno di materiale, molto estraneo al Ccf. Quando anni dopo mi sono occupato di Mps e Banca Etruria non ho riscontrato la medesima attenzione ma l’esatto opposto. Se si fosse operato nel medesimo modo anche in questi ultimi due casi le conseguenze sarebbero state ben diverse”. Ma per il giornalista c’è anche un’altra differenza tra la vicenda di Verdini e quella delle altre banche toscane: le conseguenze sui risparmiatori.

Subito dopo la condanna di Verdini, su Twitter lei ha scritto che nel crac della banca di Verdini nessuno ha perso un euro. Eppure la condanna è per bancarotta. Ci può spiegare questo passaggio?

Il fascicolo sul Ccf di Verdini è molto complesso e ha avuto numerose diramazioni, molte finite in nulla. La dichiarazione di bancarotta è stata generata dalle svalutazioni compiute dalla vigilanza di Banca d’Italia ma nessuno dei risparmiatori, nessuno di quanti avevano depositi o investimenti, nessuno ha perso un euro. E infatti nessuno infatti si è mai ritenuto truffato. Per assurdo la banca era sostanzialmente sana, aveva un patrimonio, immobili propri, sportelli e nulla era gravato da debiti o altro. Tutto acquisito poi da ChiantiBanca. 

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