Anche nella ricca Milano la gente ha fame

di Francesca Mannocchi – foto di Alessio Romenzi  

Anche nella ricca Milano la gente ha fame

Ogni notte da quindici anni Gigi si sveglia alle tre, prende il camion a viale Toscana, a Milano, e raggiunge la destinazione del ritiro giornaliero.

È l’inizio di giugno, il paese si muove a passi incerti verso un ritorno alla normalità, la destinazione oggi è la zona industriale di Calcinate per ritirare prodotti in scadenza di grandi catene alimentari. Bancali di cibo invenduti per effetto della pandemia che senza le associazioni che aiutano i bisognosi finirebbero nei compattatori, distrutte, sprecate.

«Almeno così riempiamo lo stomaco delle persone». Gigi attraversa le campagne lombarde, ha familiarità con le curve e la terra che, all’alba, emana potente l’odore di stabbio.

A Calcinate deve ritirare diciotto bancali, 100 tonnellate di hamburger e panini e dolci surgelati di una nota catena di fast food. Sono da poco passate le sette quando raggiunge lo stabilimento, la temperatura dei frigoriferi segna meno ventiquattro, poche parole con gli addetti alla piattaforma, Gigi organizza lo spazio del furgone, saluta velocemente e torna indietro. Ci sono i pacchi alimentari da preparare.

SPECIALELa Fame: testimonianze, lettere e storie nello speciale multimediale

Gigi lavora al Pane Quotidiano, un’associazione laica che da oltre un secolo aiuta i bisognosi di Milano con beni di prima necessità. Prima della pandemia, i marciapiedi delle due sedi si affollavano prima dell’alba, poi, il 21 febbraio, la direzione ha chiuso al pubblico per ragioni di sicurezza, e la fila si è trasformata in richieste telefoniche, centinaia in pochi giorni, che avevano tutte il medesimo tono: «Ho fame. Abbiamo fame. Aiutateci».

Così l’associazione si è riorganizzata. Il grande piazzale trasformato in punto di snodo per i mezzi della Protezione Civile e i volontari, che prima preparavano i pacchi alimentari, si sono messi sulle tracce dei volti che componevano la fila del bisogno milanese e che poi sono rimasti chiusi in casa, con la paura del contagio, senza lavoro né risparmi, con la dispensa che svuotata in pochi giorni.

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