Dopo otto anni Di Matteo si ricorda che Palamara lavorava per il Quirinale

In alto Nino Di Matteo, in basso, da sinistra, Giorgio Napolitano, Antonio Ingroia e Luca

Sembrava che avesse detto tutto quello che aveva da dire Nino Di Matteo. E invece negli ultimi minuti di un’audizione fiume davanti alla Commissione antimafia, il colpo di scena. Che ripesca una vicenda del 2012 e chiama in causa il Quirinale (nella formazione del tempo) e, neanche a dirlo, Luca Palamara

Sono passate le 20.30, il consigliere del Csm ha parlato per ore della proposta – poi ritirata – del Guardasigilli di dargli la guida del Dap, quando arriva una domanda di Nicola Morra . Tema: processo sulla Trattativa Stato Mafia. Si fa a un certo punto riferimento alle intercettazioni – giudicate dai pm irrilevanti – in cui fu per caso captato Giorgio Napolitano, che ai tempi del processo era presidente della Repubblica. Su quegli atti l’allora capo dello Stato propose il conflitto di attribuzione davanti alla corte Costituzionale.

A quesito posto, Di Matteo scava nel cilindro della sua memoria e risponde: “Se non ricordo male, a un certo punto nel momento più aspro della polemica dovuta al conflitto di attribuzione Antonio Ingroia, che all’epoca era ancora alla Procura di Palermo e conduceva le indagini con noi, disse, a me e all’allora procuratore Messineo, una cosa buttata lì, anche perché noi l’abbiamo subito stoppato, io all’inizio pensavo che scherzasse, disse che a Roma aveva incontrato un noto giornalista, il direttore di un noto quotidiano, che gli aveva detto che dal Quirinale volevano sapere se c’era la possibilità di un qualche contatto con la Procura di Palermo, per risolvere questa situazione, e in quel caso il punto di collegamento poteva essere sperimentato dal dottor Palamara”. Il noto giornalista in questione era Ezio Mauro, già direttore di Repubblica, che oggi prontamente smentisce la versione di Ingroia. Anzi, rilancia sostenendo che notò l’interesse dell’ex magistrato a cercare contatti con il Colle. E che nessuno a lui ha mai fatto il nome del magistrato oggi al centro dell’indagine per il mercato delle nomine a Perugia. Che, ai tempi, lui non conosceva.

Di Matteo durante l’audizione non si ferma, e continua facendo riferimento alle “critiche anche feroci ricevute da tutte le fazioni politiche, critiche particolarmente virulente nel momento in cui la vicenda si intrecciò con quella delle conversazioni di Napolitano”.

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