Perché dobbiamo costruire una rete per salvare più imprese dal fallimento

di Ferruccio de Bortoli

Vi sono due aspetti di questo tormentato ritorno alla normalità, non secondari e che vale la pena affrontare per salvare qualche impresa dalla pandemia. Elementi di preoccupazione largamente presenti nelle pagine del piano Colao. Il primo è l’esigenza che non si interrompa il circuito dei pagamenti, la circolazione della liquidità. Ovvero l’ossigeno indispensabile per non morire d’asfissia. Lo studio

Associazione piccole e medie industrie: il 65% ha problemi di liquidità

di Emily Capozucca

Nella parte «imprese e lavoro, motore dell’economia», la task force guidata dall’ex amministratore di Vodafone (e di Rcs), oltre a promuovere una riduzione dei tempi di pagamento ed estendere le garanzie Sace alle cessioni di credito pro soluto, propone di permettere il sostegno finanziario pubblico anche alle aziende con debiti di incerta restituzione. Si tratta di imprese con esposizioni Utp (Unlikely to pay) che, secondo la fonte Prelios citata nel documento del gruppo di studio, occupano 750 mila persone. La stragrande maggioranza delle imprese in difficoltà può essere agevolmente risanata sul lato dell’indebitamento. E non sarebbe giusto che pagasse, insieme a migliaia di dipendenti, un conto eccessivo al virus.

Le regole e le proroghe possibili

Il secondo aspetto è legato ad alcune disposizioni dei decreti Cura Italia e Liquidità. In particolare alle deroghe al diritto societario introdotte nell’intento di garantire, là dove è ancora percorribile, la continuità aziendale. L’articolo 10 del decreto legge 23 del 2020 (modificato dalla legge di conversione 40 del 5 giugno) ha disposto l’improcedibilità delle istanze di fallimento dal 9 marzo al 30 giugno. È curioso notare che, nel rinviare al 2021 l’applicazione del nuovo Codice delle imprese in crisi, si usi la parola fallimento che la nuova normativa concorsuale si propone di abolire affinché non costituisca (magia del linguaggio giuridico) una macchia morale per l’imprenditore sconfitto, non sempre per colpa o dolo.

«Il timore diffuso in questi giorni — avverte Antonio Maria Leozappa, giurista e presidente Idi — è che ci troveremo dal primo luglio con una marea di richieste fallimentari. L’attività economica è tornata regolare o quasi soltanto a fine maggio. In un solo mese la situazione per alcuni debitori non è certo migliorata. L’effetto Covid, sicuramente negativo, è ancora di incerta valutazione. Senza una proroga si rischia di vanificare in parte l’obiettivo di garantire regolarità dei pagamenti, liquidità e continuità aziendale che è alla base degli interventi straordinari». «La norma parla di improcedibilità e non di sospensione — precisa Francesca Stifano, direttore centrale relazioni istituzionali e servizi legislativi di Confcommercio — quindi dal primo luglio l’eventuale domanda di fallimento dovrà essere ripresentata.

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