Coronavirus, se lo Stato trasferisce in ritardo i soldi per le imprese

di Dario Di Vico

È un’amara verità ma va detta: il trasferimento di liquidità dallo Stato alle imprese non sta funzionando come auspicato. Le norme introdotte con il decreto Liquidità si stanno rivelando farraginose, i tempi finiscono pericolosamente per allungarsi e cresce anche l’insoddisfazione e la protesta soprattutto dei piccoli imprenditori della manifattura e dei servizi. Per loro chiudere i battenti è stato già doloroso e il riavvio appare sempre più problematico.

La scelta che il governo ha fatto è stata quella di far transitare la liquidità di ristoro attraverso il canale bancario ma proprio qui si sono incontrare le prime sabbie mobili. Il decreto di emergenza stabilisce procedure nuove ma non abroga le leggi precedenti, a partire da quelle giustamente rivolte ad arginare la criminalità organizzata. Da qui il braccino corto di quei direttori di filiale che possono temere conseguenze penali per aver firmato un mutuo che favorisce un’impresa dell’area grigia. Le autorità di vigilanza, poi, notoriamente non amano che crescano i crediti deteriorati e anche questo ha il suo peso nel condizionare l’operato degli istituti.

È vero che in questi giorni il numero delle pratiche portate a termine è in aumento ma non è tutto oro: si è generata una sorta di corsia preferenziale per i clienti più affidabili e conosciuti.

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