La grande paura del dopo riavvicina Cgil e Confindustria

Non è un caso se al ministero dello Sviluppo economico nessuno ha messo mano alla lista delle fabbriche rimaste aperte. E non è neppure un caso se da palazzo Chigi non è partita la richiesta di un incontro con i sindacati e Confindustria per capire se sta reggendo la quadra trovata faticosamente negli scorsi giorni. Perché quella del lockdown sta lasciando spazio a un’altra partita. Quantomeno in queste ore. Quella dei soldi alle imprese. E qui il clima che sta maturando è decisamente diverso. Persino la Cgil spinge per il decreto che sarà approvato nel week end. Anche qui non a caso. Il collante che tiene uniti sindacati, imprese e governo sulla necessità di immettere liquidità nella pancia del sistema produttivo è la grande paura del dopo. Tutto questo immerso in un clima politico scivoloso, con il premier Conte a cercare di tirare dentro ai prossimi passi anche le opposizioni, ma con la spina del Mes che fa rivoltare la Lega e arrabbiare gli inquilini di governo che corrispondono al nome di 5 stelle. 

La grande paura di cui si diceva altro non è che il rischio di una chiusura a valanga di molte attività. La serrata che va avanti sta sottraendo pezzi di settori strategici e incassi all’economia italiana perché i mercati sono aperti e rispondono alla regola del più forte, in questo momento storico del più sano. Appena dieci giorni fa, Giuseppe Pasini, il presidente degli industriali bresciani, era stato profeta in tal senso: “Fuori dall’Europa, le aziende stanno lavorando ed è chiaro che se non troveranno noi come fornitori, si rivolgeranno ad altri”.

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