Legge elettorale, cosa succede ora dopo il no della Consulta al referendum

di Giovanni Bianconi

La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile il referendum sulla legge elettorale proposto per instaurare un sistema pressoché integralmente maggioritario per la scelta di deputati e senatori. La decisione, presa dopo una camera di consiglio durata circa otto ore, è in linea con le precedenti sentenze della Corte che aveva respinto altri referendum in materia elettorale per la ragione che, eliminate le parti eventualmente abrogate dalla consultazione popolare, rimaneva in piedi una legge non immediatamente applicabile; bisognosa cioè di ulteriori interventi da parte del Parlamento prima di consentire il ricorso al voto.

Una situazione di vuoto incompatibile con la Costituzione, perché non garantirebbe il corretto e regolare funzionamento del sistema disegnato dalla Carta nei rapporti tra i poteri dello Stato, che ha bisogno di un presupposto: in ogni momento dev’essere assicurata la possibilità di ricorrere al corpo elettorale. In questo caso i giudici costituzionali hanno valutato «eccessivamente manipolativo» il quesito proposto dai promotori del referendum perché proprio per provare a «garantire l’autoapplicatività della normativa di risulta», interveniva anche sulla legge delega scritta per la revisione dei collegi elettorali legati alla modifica costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari, in modo da farla funzionare anche per il nuovo sistema elettorale maggioritario che sarebbe scaturito dalla vittoria dei “sì” al referendum.

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