L’uomo forte e il declino del Paese moderato

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di   Ernesto Galli della Loggia |

Come ha spiegato bene Dario Di Vico su questo giornale, la voglia dell’«uomo forte» rivelata dai dati del Censis più che di un desiderio di soluzioni dittatoriali o comunque contrarie alla democrazia liberale testimoniano sostanzialmente di qualcosa d’altro: di un’insoddisfazione radicale per il pessimo funzionamento del Paese. È un’insoddisfazione che si accentra su quello che è effettivamente il punto cruciale della crisi italiana: vale a dire l’incapacità di decidere da parte del sistema politico-amministrativo e insieme la sua incapacità di fare le cose che alla fine pure vengono decise, da ultimo anche l’incapacità di controllare ciò che è stato fatto, più in generale di controllare la sensatezza e l’applicazione della mostruosa caterva di leggi e regolamenti in vigore. Sempre più agli occhi degli italiani, insomma, il loro Stato appare un Leviatano impotente: impotente anche se non per questo meno vessatorio.

Si tratta tuttavia di un Leviatano democratico, certo. Ma che cosa è la democrazia incarnata e gestita da un simile mostro? Che cosa vuol dire, che immagine dà di sé, la democrazia quando un processo dura anni e oltre la metà degli imputati alla fine viene assolto? Quando l’evasione fiscale ha le dimensioni e la capillarità che hanno da noi, quando tanta parte delle periferie urbane è in uno stato di abbandono incivile, quando in pratica in metà della Penisola né la sanità, né i trasporti, né la scuola, nulla, funziona con standard accettabili?

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