Quanto durerà la legislatura? I timori di Giorgetti: «Il Parlamento arriverà al 2023»

Ma la tesi sostenuta dal Pd (e da autorevoli esponenti 5S) che stia ordendo per avere «la testa di Conte» non sembra reggere, almeno a sentire il ministro Spadafora, ultimo «lealista» nella delegazione di governo grillina. Il titolare dello Sport, nei suoi colloqui con rappresentanti democratici, ha riconosciuto che «il momento è difficile» ma ha aggiunto che «è nostra intenzione proseguire con questo governo», chiedendo «precise garanzie» per capire se il Pd voglia davvero andare avanti o se stia pensando «ad altro». L’«altro» magari è frutto di cattivi pensieri, maturati dopo la lettura dell’intervista a La Stampa di Goffredo Bettini, ritenuto l’ideologo di Zingaretti, che ieri ha detto: «Non ci sono altri governi dopo questo governo». E siccome in politica a volte si dice una cosa per affermare il contrario… In ogni caso, davanti al pericolo Salvini, Spadafora si aggrappa alle regole della politica. E conferma così le previsioni del leghista Giorgetti, persuaso che «la legislatura arriverà in fondo».

Ma nulla può darsi per scontato, persino un fan dell’alleanza giallo-rossa come Bersani intende scommettere: «La casa dovrebbe reggere, ma questi del Pd e dei Cinquestelle sono tipi strani. Magari un giorno ti svegli e ti trovi un buco largo così nel soffitto. Ché poi Di Maio bisogna capirlo: ha accumulato così tanti incarichi, che alla sua età solo Alessandro Magno c’era riuscito». Ogni giorno ce n’è una. Domani i democratici metteranno a punto un emendamento da presentare al decreto Milleproroghe per bloccare la norma sulla prescrizione voluta dal titolare della Giustizia Bonafede: senza un accordo si preannuncia il botto. Il caos sembra essere l’unico filo conduttore. In vista delle Regionali, per esempio, davvero i Cinquestelle andranno da soli o troveranno in extremis un escamotage con il Pd? Di Maio non pare intenzionato a cedere, ma ancora nessuno ha risposto alla domanda posta dal vice ministro dello Sviluppo Buffagni: «Ci candidiamo per fare cosa? Qual è la nostra proposta al di là dei nomi?». Eppure nel board del Movimento anche i più critici verso il leader — posti davanti all’ipotesi di staccare la spina — rispondono d’istinto «non esiste». Fosse poi per i peones (di ogni partito) si andrebbe avanti a oltranza. «E se davvero una pattuglia di senatori grillini dovesse passare con Salvini, dall’altra parte in venti sarebbero pronti a uscire allo scoperto per venire con noi», assicura un rappresentante del governo. Aggrappati alla legislatura, con Conte o qualcun altro. «Chissà, si preannuncia una fase interessante», secondo un enigmatico Bersani: «Sarà lunga». Sarebbe lunghissima fino al 2023, anche senza fattori imponderabili. «Attenzione al caso Renzi», sussurrava ieri un maggiorente 5S. E lo diceva con preoccupazione.

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