ArcelorMittal, la minaccia di Di Maio: se torna lo scudo governo a rischio

di Alessandro Trocino

Rosalba De Giorgi, deputata tarantina dei 5 Stelle, a domanda se sappia quale sia la posizione di Luigi Di Maio sul ripristino dell’immunità penale per ArcelorMittal, risponde così: «Non lo so, non l’ho capito». Non è l’unica, in effetti, e tra quelli che si stanno interrogando in queste ore c’è anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Tra i due è in corso una specie di rimpiattino, con il premier che chiede un «mandato pieno» per trattare con l’azienda e il capo dei 5 Stelle che si guarda bene dal prendere una posizione definita ma avverte con toni sibillini del rischio che, andando sotto in un voto in Aula sullo scudo penale con la fiducia, il governo finisca per essere travolto.

Chi avverte Di Maio? Chi sta mettendo davvero in guardia? I parlamentari tarantini che ancora ieri hanno risposto picche? Matteo Renzi con il suo emendamento? O il premier Conte che insiste a chiedere lo «scudo»? Ed è vero, come ormai si dice apertamente tra i 5 Stelle, che «Di Maio ormai non controlla più i gruppi, sa che non conta più» e quindi «vuole andare a votare»? Fatto sta che, ieri mattina, l’incontro con una decina di rappresentanti locali del Movimento, presenti il premier e Di Maio, «è andato malissimo», come racconta una fonte interna. Conte la prende larga. Spiega che bisogna mettere in piedi un «cantiere Taranto», che chiederà a ogni ministro di lavorare a un progetto, che serviranno soldi e anni. Poi alla fine arriva al punto: «Non è un tema attuale, ma se dovesse venire fuori che, per motivi legali, è necessario approvare una forma di immunità penale per gli amministratori, voi sareste favorevoli? Vi chiedo di non farne una bandiera, di non mettere veti».

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