La maledizione dei due Matteo

Si confronta con il suo staff  e appena mette piede in Umbria risponde per le rime all’ex sindaco di Firenze: “Tutti devono – è la premessa – partecipare con massima impegno e determinazione all’azione del governo”. Detto questo, ecco la bordata: “Non abbiamo bisogno di fenomeni. Poi se uno vuole andare in tv vada pure, ma si sieda al tavolo. Quando ci si siede vale la forza delle argomentazioni”. Ed è una risposta dura, di quelle pesano, di quello che servono a mettere in chiaro che qui il presidente del Consiglio è uno e si chiama Conte. L’inquilino di palazzo Chigi desidera avvertire chi, come Renzi, in una fase delicata come quella della stesura della manovra, non rispetta le regole di una coalizione e gioca con il fuoco con l’intento di destabilizzare l’azione del governo. Non a caso,  filtra da Palazzo Chigi, che “il presidente non lo permetterà a nessuno anche perché non vuole riproporre lo schema che si era verificato con Salvini”. Ora, invece, occorrono soltanto “responsabilità e unità di intenti”, due parole chiave nel segno di quella “pacificazione nazionale”, che era stato il refrain di Conte nel giorno del discorso alla Camere per la prima fiducia. “Tu, Renzi, hai proposte, hai cose serie da dire? Portale nelle sedi opportuno”, si sfogano nell’innercirle del premier.

Va da sé che la reazione del presidente del Consiglio infiamma le chat dei renziani, i quali hanno un sospetto: “Conte è stimolato dal PD, sono i nostri ex compagni che gli  chiedono di arginare Renzi”, sussurra un colonnello dell’ex sindaco di Firenze. In questo contesto, dopo la comparsata mattutina al Festival delle Città, dove ha esaltato “l’intuizione di Silvio Berlusconi  di far nascere un partito e averlo portato alla guida del Paese, Berlusconi e Forza Italia saranno nei libri di scuola”, l’ex segretario del Pd  preferisce non replicare ma affidare la questione al fedelissimo Ettore Rosato: “Nessuno di noi fa il fenomeno, caro presidente Conte. Siamo persone semplici”. E ancora: “Quelli che facevano i fenomeni li conosce bene presidente Conte: sono quelli con cui lei ha governato lo scorso anno, non siamo noi”. Boom.

Sia come sia il Nazareno fa quadrato attorno a Palazzo Chigi. Scendono in campo pesi massimi, come il ministro del Sud, Giuseppe Provenzano (“Penso che la manovra interpreti perfettamente l’accordo di programma che abbiamo siglato”), Dario Franceschini (“Sono d’accordo con Conte”), Marina Sereni (“Il Paese ha bisogno di stabilità e serietà, ovvero il contrario del sentiero imboccato da Renzi”). Fatto sta che al netto delle dichiarazioni di circostanza e dei buoni propositi dell’asse Chigi-PD si ripropone lo schema del governo precedente in cui ognuno abbaia contro l’altro per alimentare il consenso. Sembra più una commedia all’italiana in cui Renzi gioca a fare il Salvini ma non ha il trenta per cento dei consensi, il premier Conte rafforza la sua leadership, e il Pd ricorda il M5s dei primi mesi del governo gialloverde. Il tutto ai danni del Paese, che continuerà ad assistere a una infinita campagna elettorale. Con la consapevolezza che nessuno degli attori in campo vuole tornare alle urne.

L’HUFFPOST

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