Tav, ecco il tunnel che non c’era: i primi nove chilometri
Ci voleva la talpa Federica, per svelare la nudità del re. Non è passato poi molto tempo dall’inverno scorso, quando Luigi Di Maio affermava convinto che «la Francia non ha ancora scavato un solo centimetro di tunnel della Tav». Anche il suo ormai ex gemello, Alessandro Di Battista, offriva certezze assolute agli italiani. «Non esiste alcun cantiere della Tav, in Italia come in Francia, dove ormai ci hanno rinunciato».
Ieri mattina una fresa lunga 135
metri, pesante 2.400 tonnellate e ribattezzata con un nome femminile, al
lavoro dall’estate del 2016 nel cantiere di Saint-Martin-la-Porte
insieme a 450 operai francesi e italiani, ha abbattuto l’ultima parete
di roccia completando così i primi nove chilometri del tunnel di base
della Tav. Non gallerie o lavori preliminari, ma proprio quella
galleria, il buco sotto al Moncenisio sul quale ci si accapiglia da
ormai trent’anni. La talpa è avanzata in direzione Italia alla velocità
di 15-20 metri al giorno, con punte di 28, estraendo 1,3 milioni di
metri cubi di roccia. «È stato uno degli scavi più complicati al mondo»
ha detto Mario Virano, l’amministratore delegato di Telt, la società
transnazionale incaricata della realizzazione dell’opera. Si riferiva
alle condizioni di lavoro, giudicate estreme. Ma la frase può essere
adattata anche ad altre circostanze, come quelle della politica
italiana.
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