La non scissione dei sindaci renziani «Matteo fa un errore enorme»

Gnassi (Rimini): «Non si sbatte la porta di casa»

Forse proprio perché nell’esperienza politica di Renzi i sindaci hanno sempre avuto un peso particolare, è da questi, specie da quelli a lui più vicini, che vengono le parole più severe rispetto ad una scelta che non si riesce a condividere. «Non si sbatte la porta di casa propria e si va via per sempre — osserva il sindaco di Rimini Andrea Gnassi — soprattutto quando è in atto una discussione ed è viva una sfida come quella di governo. Non ci sono se né ma». «È un errore enorme — rincara la dose Matteo Ricci, dal 2014 alla guida di Pesaro e vicepresidente dell’Anci — Non credo nei partiti personali e le divisioni portano sempre male». Con una stoccata velenosa: «I sindaci popolari aggregano, non dividono».

Nardella (Firenze): «Continuerò le mie battaglie nel Pd»

Se in Parlamento Renzi ha trovato un seguito, seppur numericamente poco superiore al minimo indispensabile per costituire i gruppi alla Camera e al Senato, nei municipi il reclutamento dell’ex premier al momento fa molta più fatica. Nei Comuni medio-grandi nessuno risponde alle sirene renziane. Non il sindaco di Bari (e presidente dell’Anci), Antonio Decaro, che pure parla di «scelta che arricchisce il centrosinistra». E nemmeno chi, come Dario Nardella, ha ricevuto in eredità la fascia di primo cittadino di Firenze: «Capisco le ragioni di Matteo, rispetto la sua decisione, ma io continuerò a lavorare e a fare le mie battaglie nel Pd». Per spiegare la sua contrarietà, c’è chi mette sul tavolo una citazione: «Non vedo le ragioni delle scissioni e nemmeno l’utilità — dice Simone Giglioli, sindaco di San Miniato — Rimango ancorato al concetto togliattiano “extra ecclesia nulla salus”, fuori dalla Chiesa nessuna salvezza, poi mi sento ancorato al riformismo e per me c’è tutta l’esigenza di avere il Pd come partito del riformismo».

Gori (Bergamo): «Il Pd tenga alta la bandiera riformista»

Insomma, per quanto in fase di ristrutturazione dopo le scosse telluriche subite negli ultimi anni (anche, o soprattutto, durante la gestione renziana), la vecchia casa rimane ancora la più «sicura» per affrontare le sfide del futuro. «Ad una condizione — mette in guardia Gori — che il Pd tenga alta la bandiera riformista. Tanto più riusciremo a proseguire su questa strada, non arretrando sui tanti fronti aperti in questi anni (dalle riforme del lavoro all’immigrazione), tantomeno avrà spazio l’altro progetto». Concetto fatto proprio da Gnassi nell’auspicare per il suo partito «uno spazio democratico allargato, in grado per la sua anima inclusiva di contrapporsi nella maniera più estesa al pericolo del sovranismo becero, del partito azienda, del partito di un capo». «Il Pd — riassume il sindaco di Modena Gian Carlo Muzzarelli — è l’unica vera alternativa alla destra di Salvini». Allora, il progetto renziano è destinato al fallimento? Se i sondaggisti non si sbilanciano, Biffoni lancia un avvertimento: «Attenti a non sottovalutare Matteo. Lo conosco bene, so di quanta forza, di quante energie sia capace. Alla Leopolda di metà ottobre sicuramente aggiungerà altra benzina, siamo solo ai primi passi. Ha agito d’impulso perché si sentiva politicamente ingabbiato e allora ha buttato il pallone nell’altro campo. Aspettiamoci altri passi».

CORRIERE.IT

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