Le metamorfosi

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di   Angelo Panebianco

«È mio proposito cantare il mutamento di corpi in altri nuovi». Così cominciano Le Metamorfosi, composte dal poeta Ovidio nei primi anni del 1° secolo dopo Cristo. Da quando il Pd e i 5 Stelle hanno cominciato le trattative per la formazione dell’attuale governo siamo in molti, presumibilmente, a domandarci: come è stata possibile la repentina trasformazione di un partito antisistema, nato per fare la rivoluzione, in un club di rispettabili ed eleganti gentiluomini in tight? Come è potuta avvenire una parabola così rapida: dal «vaffa» al «prego, scusi, dopo di lei»? Deve esserci stato l’intervento di qualche potenza magica. Nel Medio Evo i sudditi attribuivano virtù taumaturgiche ai re. È noto che qualcosa di simile pensavano del Partito comunista italiano alcuni dei suoi più acritici seguaci nel corso del Novecento. Ma non ci si immaginava che qualcuno potesse trasferire anche sui suoi eredi quelle supposte qualità. Nel periodo delle tante chiacchiere in libertà, quello che, nei salotti televisivi, sempre accompagna le crisi di governo, si è sentito persino gente sfidare coraggiosamente il ridicolo definendo i 5 Stelle un «partito di centro». Nella migliore delle ipotesi, chi crede possibili simili metamorfosi difetta di senso storico. Più credibili e realisti sono coloro che dicono: «Non raccontiamoci favole: noi non vogliamo le elezioni e temiamo Salvini più dei 5 Stelle. Però non crediamo che basti baciare il ranocchio per trasformarlo in un principe».

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