Forza e debolezza di un’alleanza

di Antonio Polito

Illustrazione di Emanuele Lamedica

Il secondo governo Conte ha meno consenso popolare e più coesione politica del primo. Quello nacque quasi a furor di popolo, ma sulla base di un ribaltone delle alleanze (Salvini lasciò il centrodestra). Questo nasce in parlamento, ma le forze che lo compongono non sono oggi maggioranza nel paese. Però il Conte 2 mette insieme due elettorati più vicini e compatibili tra di loro, come ha dimostrato anche il sondaggio su Rousseau. E soprattutto archivia il contratto, fonte di tutti i guai del Conte 1, perché voleva sommare due liste della spesa con un solo pagatore. Il premier Conte smette dunque di fare il notaio, o al massimo l’avvocato del popolo, e può finalmente fare il premier, senza vice. Gran parte della scommessa dipenderà dalla sua performance. La conseguenza è un gabinetto senza «leader». Salvini non c’è più; Di Maio è ridimensionato e stagionato; Zingaretti non partecipa; Renzi continua il riscaldamento a bordo campo. Il più «politico» è Franceschini. La compagine è dunque meno forte, ma presumibilmente meno litigiosa. È un governo un po’ all’antica, stile Prima Repubblica: il frutto di un accordo piuttosto che una palestra per la competizione elettorale. L’intenzione – pare chiaro – è di durare.

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