Salvini-Di Maio, avanti senza un vero perché

Da qui si parte. I due sorseggiano solo un caffè, accompagnato da un bicchiere d’acqua. E per 60 minuti di orologio, senza addentare alcunché, il dialogo appare franco.  Al punto che entrambi mettono sul tavolo le fibrillazioni dei gruppi parlamentari. Con i leghisti, in particolare i nordisti, che reclamano il ritorno alle urne perché “dai territori non ne possono più dei vostri No”. Ecco perché a un certo punto il leader del Carroccio avrebbe insistito sulla questione: “Il problema non sei tu, caro Luigi, lo so. Ma la politica dei No e dei blocchi da parte di molti dei tuoi. Hai visto che avevamo ragione sulla Tav?”. Dall’altra parte anche Di Maio  avrebbe confessato le tensione delle sue truppe su alcuni dossier. L’alta velocità Torino-Lione, su tutti. Alla fine entrambi si rassicurano. E decidono di comune accordo che “al momento” si va avanti.

Al momento, appunto. Non è dato sapere come e perché. Se con un tagliando al contratto di governo. O se con un rimpasto. Di certo, preferiscono non entrare nei dettagli perché, nei prossimi giorni, si dovranno confrontare con il premier Giuseppe Conte, l’avvocato del popolo che è il grande assente a palazzo Chigi nel momento del disgelo dei due vicepremier. E sarà nuovamente nella sede del governo che si rivedranno, questa volta anche con il presidente del Consiglio, per fissare la roadmap delle prossime settimane. Che quasi certamente ruoterà attorno alle questioni economiche. Dove le distanze tra Di Maio e Salvini appaiono siderali. Il capopolitico dei cinquestelle sposa la linea Conte-Tria che si traduce in un no alla flat tax, ma in un sì alla tassazione progressiva e al taglio del cuneo fiscale. Il tutto rispettando i paletti fissati dalla commissione Ue. Da par suo, il Capitano della Lega, invece, si mostra inflessibile sulla questione. Il ministro dell’Interno vuole andare a battere i pugni “ai tecnocrati di Bruxelles” e si mostra inflessibile sulla flat tax: ” Voglio ancora capire qual è l’idea di manovra economica per il Paese. Il Paese ha bisogno di un forte taglio alle tasse  evidentemente aprendo un confronto anche con Europa. E non lo fai se obbedisci riga per riga alle imposizioni di Bruxelles”.

Dunque, al netto della fotografia simbolica dei due seduti a palazzo Chigi che ripetono l’uno l’altro che “andranno avanti”, sullo sfondo restano le ferite. L’assenza del padrone Giuseppe Conte. Come se i due, Di Maio e Salvini, volessero lasciare intendere che l’avvocato del popolo resta solo e soltanto un tecnico, al massimo il garante del contratto di governo. In Transatlantico i leghisti mormorano che “non è ancora detto che la crisi sia congelata”. Andrea Crippa, enfant prodige del salvinismo,  è tranchant: “Vedremo”. Claudio Borghi, l’esperto di cose economiche, è perentorio: “Se bisogna dare un impulso all’economia non si può fare a saldo zero”. L’emiciclo di Montecitorio ribolle e dà il via libera al decreto sicurezza-bis con 322 sì, 90 no, e un astenuto. Ma c’è un dettaglio che è più di un segnale: 17 grillini non partecipano al voto. Da qui la necessità, sussurra un soldato di leghista, “che dovremo stare attenti la prossima settimana al Senato, dove la maggioranza è risicata”. Ed è quest’ultimo un elemento di forte preoccupazione da parte del Carroccio. Perché il decreto sicurezza-bis adesso approderà a palazzo Madama. Insomma, lo scenario resta fluido. Non a caso, ieri sera, un pezzo da novanta del Carroccio, come il sottosegretario alla Difesa Raffaele Volpi, è stato avvistato a cena con Denis Verdini, nel ristorante del figlio dell’ex plenipotenziario di Forza Italia. 

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