I “commandos Dibba” che spaccano il M5s

E ora il suo ritorno – annunciato in tv in un programma prodotto da Loft (di proprietà del Fatto) e rilanciato dal quotidiano di Travaglio – sembra più che mai una vendetta. E spiazza tutti, a partire dai vertici del movimento che non ne sapevano nulla e lo consideravano – e continuano a considerarlo – fuori dai giochi. Perché ha perso il turno giusto, non ha più feeling con la base elettorale e tocca tutti gli argomenti che il governo cerca di evitare: dalla Tav al Venezuela. Fuori tempo e fuori posto. È pur sempre il Di Battista che, non più tardi di cinque anni fa, sosteneva che non bisognava considerare disumani i terroristi dell’Isis, ma elevarli a interlocutori dell’Occidente.

E ora cade come una bomba sui papaveri pentastellati quella che più che una dichiarazione sembra una speranza: «Se dopo le elezioni dovesse cadere il governo io mi candiderei». Ha rotto il tabù: l’ipotesi crisi è sul tavolo. E probabilmente, questa volta, Beppe il Maalox ha dovuto darlo a Giggino.

Cade come una bomba perché precipita nel momento di massima tensione tra Salvini e Di Maio, mentre i sondaggi dei Cinque Stelle continuano a scendere, il partito è sempre più a traino della Lega e il Pd sembra aprire una porticina ai grillini. Anche la scelta del Fatto – quotidiano di cui Di Battista è collaboratore – non sembra per nulla casuale: da sempre il giornale di Travaglio ha cercato di riportare verso sinistra i pentastellati.

Tra i due litiganti Di Battista cerca di godere. Anche se i litiganti sono ben più di due. Perché Dibba approfitta di un movimento allo sbando. Beppe Grillo è un padre sempre più lontano, critico e pungente nei confronti della sua creatura politica. Quando può sbertuccia Di Maio («Con lui ci vuole pazienza, ha 32 anni») e attacca Salvini. Davide Casaleggio pensa alla sua azienda, ai suoi software e allo sviluppo della Blockchain, senza avere la visione politica del padre. Di Maio non sa come sfuggire dall’ingombrante ombra di Salvini e non riesce più a tenere a bada le sue truppe sempre più scalmanate e sgangherate. In questo clima da «liberi tutti» prova a farsi largo pure Giuseppe Conte – premier assunto a tempo determinato dai Cinque Stelle, una specie di navigator di alto bordo – che ora reclama una sua autonomia e una sua terzietà. E l’imboscata del subcomandante Dibba è il termometro del caos tra i Cinque Stelle. Fino a qualche mese fa una cosa del genere sarebbe stata impensabile.

Da uno vale uno a tutti contro tutti il passo è stato brevissimo.

IL GIORNALE

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