Matteo paga il conto del giustizialismo

Augusto Minzolini

Un anno fa, pochi giorni dopo l’avvento del governo gialloverde, Claudio Borghi, che insieme ad Armando Siri e ad Alberto Bagnai forma il club degli economisti leghisti, si lasciava andare ad un ragionamento per spiegare lo strano esecutivo che metteva insieme il diavolo e l’acqua santa: «Certo, siamo diversissimi, ma tra l’avere contro i grillini, con le loro manifestazioni di piazza e il loro giustizialismo, o Forza Italia, che non ha l’attitudine all’opposizione, qualsiasi governo sceglierebbe quest’ultima come avversario».

Dieci mesi dopo, all’apice dei consensi e nel ruolo di dominus del gioco politico, Matteo Salvini si sta accorgendo a sue spese che quelli che aveva scelto come partner di maggioranza gli si sono rivoltati contro, con tutto l’armamentario di cui sono capaci, e quelli che aveva rinnegato non possono aiutarlo più di tanto. Sono i limiti di chi confonde la tattica con la strategia perché in politica, non va mai dimenticato, non ci sono solo il pragmatismo o la propaganda, ma pure le identità e le storie di ognuno. Questo significa che un 5stelle in difficoltà, che perde nei sondaggi quasi la metà dei voti che aveva conquistato alle politiche, per risorgere si affida al proprio Dna, cioè al giustizialismo, ascoltando il richiamo di quei mondi, da Il Fatto a una certa magistratura, da cui sono stati vezzeggiati e a cui si sono abbeverati al grido di «onestà, onestà».

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.