Giù lo spread. Ecco perché

di PAOLO GIACOMIN

La flat tax torna al centro del ring animato da Lega e 5Stelle. Stavolta, però, siamo alla scaramuccia, non ancora ai colpi bassi. La realtà ha già realizzato il programma della decrescita e pare stia portando buoni consigli a chi non può più permettersi cattivi esempi: la crescita sembra tornata centrale nell’agenda di governo. La riforma fiscale e il piano di investimenti sollecitato da Tria, alle prese con il prossimo Documento di Economia e finanza, sono tessere di uno stesso mosaico. Poco importa se solo a uso campagna elettorale.

Il problema tecnico sono le coperture, quello politico sono le idee di sviluppo del Paese: la Lega ne ha una, i 5Stelle un’altra. La sintesi è affidata alle risorse disponibili, ai vincoli internazionali e al contratto di governo. Nel contratto c’è il capitolo Flat tax, ma vale se i contraenti, come hanno fatto finora, lo rispettano. Le risorse sono quelle che sono, non abbastanza per realizzare tutto e il contrario di tutto. Per Matteo Salvini bastano 12-15 miliardi per far partire il primo scaglione di Flat Tax per tutti dal 2020. Tria smentisce la simulazione attribuita al Mef di un costo – dell’intera riforma delle aliquote – attorno ai 60 miliardi, ma avverte: la riforma si fa se cala l’evasione e si taglia la spesa pubblica. Buone intenzioni, non quattrini.

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