Viadotti: 1.425 sono senza un proprietario e nessuno fa la manutenzione. Ecco la mappa

La storia in casa Anas comincia proprio con quel ponte di Annone: da anni nessuno ci metteva mano perché Anas pensava fosse in carico alla Provincia e viceversa, mentre il passaggio di carichi eccezionali aumentava, fino a quando è venuto giù. L’amministratore delegato Gianni Armani, fresco di nomina, si era posto il problema che i suoi predecessori avevano ignorato: «Non è che sulle nostre statali ci sono altri casi in cui non è chiaro chi deve intervenire in caso di salute precaria?». A inizio 2017 avvia un censimento dei ponti che incrociano la rete gestita dall’azienda pubblica: oltre 27 mila chilometri di asfalto, fra Statali, autostrade, raccordi stradali e complanari. Ne hanno contati 2.994, di cui non era chiara la proprietà. Dopo un anno di indagine Anas scopre che 983 sono i suoi, 586 sono di un altro gestore, ma ben 1.425 viadotti sono risultati senza un proprietario e gestore identificato.

La lettera allarmata al Mit

La situazione è stata portata alla luce con preoccupazione da Armani in una comunicazione (finora inedita) al Ministero del 19 dicembre: «Per 1.425 ponti e cavalcavia non è stato possibile reperire documentazione negli archivi, atta a dimostrare la proprietà e la relativa competenza… Si sono richieste informazioni relative alle autorizzazioni concesse per trasporti eccezionali e stato di conservazione e manutenzione delle opere. Considerato che ad oggi per larga parte di queste non si è ancora ricevuta risposta, si chiede al Ministero di fornire precisi indirizzi relativamente alle azioni da intraprendere».

Pochi giorni prima di lasciare l’incarico, in questa sorta di testamento della viabilità italiana, Armani chiede lumi anche «circa le modalità amministrative e finanziarie con cui Anas possa intervenire a tutela della sicurezza su opere in condizioni di pericolosità». In altre parole: se Anas se ne deve occupare servono i fondi.

Un ponte su quattro ha più di mezzo secolo

Secondo Anas, oltre il 50% delle strutture ha compiuto i 40 anni di età e quasi una su quattro ha superato i 50. Non è possibile risalire con certezza al gestore di un ponte perché nella maggior parte dei casi ha registrato passaggi di proprietà o di gestione. Se i titolari sono privati, come nel caso di Consorzi o singole società, possono subentrare contenziosi, fallimenti, decessi. Cambiano gli uomini, i riferimenti, e tutto si confonde. Nel caso di enti pubblici, le responsabilità si rimpallano davanti al Tar, e in assenza di interventi tutti confidano nella buona sorte.

Campania

Il record regionale delle opere «da identificare» si trova in Campania: 307, praticamente tutte. Spicca il caso della Statale 7 bis che attraversa le province di Caserta e Napoli. Un’arteria di grande percorrenza, realizzata nel post terremoto del 1980 dalla Cassa del Mezzogiorno. Nel tratto che tocca i comuni di Orta, Gricignano e Succivo, per 13 cavalcavia «risulta un lungo rimpallo delle competenze manutentive», scrive l’Anas. Il sindaco di Orta di Atella, Andrea Villano, di professione ingegnere, ne ha chiusi tre, «ma il problema è che possono cadere calcinacci da un momento all’altro sul traffico che scorre sotto — spiega — questa è una bomba a orologeria!». Villano ha chiesto all’Anas un intervento d’urgenza, ma Anas ha impugnato tutto davanti al Tar della Campania: «Se ne deve occupare il Comune». Che però è in dissesto finanziario. Quindi, tutto fermo. Tranne le auto e i camion, che continuano a sfrecciare, ignari, sulla Statale.

Lombardia, Veneto e Marche

In Lombardia le strutture «anonime» sono 121, e in Veneto 112. Due casi riguardano la Statale 629 del lago di Monate, nata nel 1963 come Provinciale. «Ora però non so con certezza di chi sia la proprietà anche se ho sempre dato per scontato che fosse di Anas», precisa il sindaco di Malgesso, Giuseppe Iocca, anche lui ingegnere. «Mi è difficilissimo documentare la cosa, il nostro tecnico se n’è andato in un altro comune». Stessa situazione a Bussolengo, in Veneto, sulla vecchia Statale 12 dell’Abetone e del Brennero che collega Pisa al confine austriaco, (anno di nascita 1928) e sulla Transpolesana che va da Verona a Rovigo, realizzata negli anni Ottanta. Strutture su cui Anas è comunque intervenuta, idem sul ponte che scavalca l’asse attrezzato Chieti- Pescara, dove passano 40 mila veicoli al giorno, ma dopo la caduta di calcestruzzo. Il Consorzio che l’aveva costruita nel 1975, è fallito da tempo. Anas però non intende più prendersene cura, e per due ragioni: 1) servono tanti soldi per sistemare i ponti italiani; 2) non ha titolo per intervenire su infrastrutture altrui.

Il bubbone sul tavolo del Ministero

L’8 gennaio il Ministero ha risposto ad Anas: «Si proceda intanto con la sorveglianza delle opere da identificare — scrive il direttore generale Antonio Parente — tuttavia la gravità della situazione emersa sottende possibili profili di irregolarità».

In sostanza dice che Anas è venuta meno ai suoi obblighi nel lasciare che nel tempo tutto questo accadesse, e che convocherà a breve un tavolo tecnico. Il Ministero va dunque allo scontro con Anas? La situazione è grave, ma dopo un mese, del «tavolo» non c’è ancora una data. Armani è stato mandato a casa, e dal 21 dicembre al timone c’è l’ingegner Massimo Simonini. «Nasce la nuova Anas, basta sprechi e poltronifici», aveva dichiarato il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli. Simonini, in Anas da 20 anni, e che ha fatto tre balzi in un colpo solo, era proprio il dirigente responsabile di ponti, viadotti e gallerie. Conosce perfettamente la lista degli «anonimi» poiché coinvolto nel censimento. A questo punto tutti sanno. Occupatevene, magari prima del prossimo crollo.

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