L’inizio della fine di Cesare Battisti: come viveva mentre era braccato

Battisti parlava poco lo spagnolo, preferiva il portoghese e aveva detto di essere un imprenditore brasiliano attivo nel ramo dell’edilizia, usciva molto poco dal residence e passava gran parte del tempo a leggere i giornali. Una volta si è recato al mercato a fare acquisti e poi ha cucinato per lo staff del residence.

Il 5 dicembre, giorno della partenza, si è presentato un altro individuo a prendere Battisti, un ragazzo boliviano sulla ventina, sempre a bordo del Rav4. Il latitante aveva detto allo staff del residence che sarebbe tornato a gennaio e in effetti così è stato visto che veniva individuato e arrestato il 12 gennaio sempre a Santa Cruz de la Sierra e a meno di due chilometri dal residence, nel barrio di Ubarì. Questa volta però l’ex brigatista non ha soggiornato alla Casona Azul, non risulta ancora chiaro quando sia arrivato per la seconda volta a Santa Cruz e dove abbia alloggiato gli ultimi giorni, è però noto che tra il 5 e il 7 gennaio il cellulare di Battisti veniva individuato a La Paz, nei pressi di plaza 21 Diciembre.

Resta inoltre da chiarire chi  fossero i misteriosi due uomini che lo hanno accompagnato in quei giorni di permanenza al residence di Santa Cruz de la Sierra a cavallo tra novembre e dicembre. Al momento dell’arresto, Battisti aveva pochi soldi in tasca e ciondolava per le vie di Ubarì, ignaro del fatto che gli agenti italiani gli fossero alle calcagna; il resto è ben noto.

Battisti si era orientato da subito verso la Bolivia nella speranza di trovare protezione da parte di uno dei pochi governi di sinistra rimasti in America Latina. La metropoli di Santa Cruz de la Sierra sembrava il luogo ideale, con le sue quattro grandi circonvallazioni e i suoi due milioni di abitanti, ma così non è stato.

IL GIORNALE

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