Le lacrime e sangue del governo, ma sul 2020 resta la mina dell’Iva

A partire dall’aumento dell’Iva per il 2020 e il 2021, come previsto dal maxiemendamento presentato in serata dal governo che recepisce l’intesa con l’Ue: in pratica l’esecutivo non disinnesca (almeno per ora) le clausole di salvaguardia, strumento da sempre criticato dai grillini e ora utilizzato invece per far quadrare i conti.

Gli aumenti sono di 23 miliardi nel 2020 e quasi 29 nel 2021 e nel 2022. L’aliquota ridotta del 10% passerebbe così dal 2020 al 13% mentre l’aliquota al 22% passerebbe nel 2020 al 25,2% e nel 2021 al 26,5%.

Tagli agli investimenti

L’impatto più grande dei tagli è quello relativo agli investimenti, che si riducono di 4,2 miliardi il prossimo anno (a cui si aggiungono i 4,6 miliardi risparmiati per il reddito e controriforma delle pensioni: in tutto dunque 10 miliardi di risparmi). Il ministro dell’Economia Giovanni Tria spiega che verranno comunque recuperati con la flessibilità concessa da Bruxelles da 0,2 punti di Pil, quasi quattro miliardi non conteggiati nel deficit e destinati a infrastrutture (tra cui il ponte di Genova) e dissesto idrogeologico.

Colpite le imprese

Vengono poi colpite direttamente le imprese con l’abrogazione del credito di imposta relativo alle deduzioni forfettaria in materia di Irap, l’abrogazione del credito di imposta in favore di soggetti che acquistano beni strumentali nuovi e dell’aliquota ridotta Ires in favore degli enti non commerciali (in tutto si stimano risparmi per 400 milioni). Ci sono poi le Ferrovie dello Stato a cui vengono tagliati 600 milioni di euro: risorse che saranno restituite a rate dal 2022. Fs però ha già garantito che questo buco verrà riempito con risorse proprie. Altri tagli sono destinati ai finanziamenti per le politiche comunitarie, 850 milioni, e al fondo sviluppo e coesione sociale, 800 milioni di euro.

Tagli alle pensioni

Sui cittadini invece avranno un impatto gli interventi relativi alle pensioni. In manovra si prevedono tagli per quelle superiori ai 5 mila euro netti e il raffreddamento dello schema di indicizzazione degli assegni: il tutto dovrebbe valere circa 300 milioni, mentre Di Maio aveva addirittura promesso un miliardo di introiti.

I tagli, che durano cinque anni, riguarderanno le pensioni oltre i 100 mila euro lordi, come chiesto dalla Lega. Cinque le fasce individuate: tra i 100 mila e i 130 mila il taglio sarà del 15%, del 25% tra 130 mila e 200 mila, del 30% fra i 200 mila e i 350 mila. Per quelle fra i 350 mila e i 500 mila l’asticella sale al 35% e oltre i 500 mila euro arriverà al 40%. Le pensioni inoltre saranno rivalutate al 100% per gli importi fino a 1.521 euro mensili. Per gli assegni superiori è previsto un «raffreddamento» dell’adeguamento all’inflazione: quelli fino a 2.535 euro del 90% e quelli superiori del 75%.

Nuove tasse

Ci sono infine nuove tasse: su scommesse e gioco d’azzardo, da cui il governo punta a recuperare 450 milioni, e la web tax giallo-verde al 3% (150 milioni). Brutta notizia poi per la Pubblica amministrazione. Viene rinviata la presa di servizio per gli assunti al 15 novembre, un provvedimento che dovrebbe coinvolgere circa 100 mila lavoratori. Sempre in tema di Pa, viene modificato il codice degli appalti: sarà possibile affidare lavori senza gara dai 40 mila ai 150 mila euro.

Fondi per Roma e dismissioni

Torna la misura per rattoppare le buche di Roma, inizialmente bocciata, attraverso un emendamento presentato dal Movimento cinque stelle: 40 milioni per il 2019 e 20 per il 2020. Infine deve essere messo a punto «entro il 30 aprile» il nuovo programma di dismissioni immobiliari che punta a ottenere non meno di 950 milioni nel 2019 e altri 150 milioni l’anno nel 2020 e 2021.

LA STAMPA

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