Una mossa sbagliata e finiamo nel baratro

Rischiare così tanto per 140mila auto green, quando il vero male del mercato sono quasi 15 milioni di macchine inquinanti ancora in circolazione? Non sarebbe meglio studiare, tutti insieme, un piano organico per favorirne velocemente il ricambio in funzione di una mobilità ecosostenibile?

Questa telenovela del bonus e del malus, intanto, inciderà senza dubbio sulle vendite di dicembre (quelle delle vetture elettriche, tra l’altro, si sono già fermate). Il tira e molla sugli incentivi e lo spauracchio della ecotassa generano solo confusione e disorientamento. Così come le parole dei due vicepremier: un giorno salta il balzello, anzi non se ne parla proprio; e l’altro riappare. Un giorno si parla di punire i tanti odiati Suv; e l’altro cambia tutto.

Fanno bene le tre associazioni della filiera – Anfia (industria italiana), Unrae (costruttori esteri) e Federauto (concessionari) – nello stigmatizzare, in una nota congiunta, il comportamento del governo, a sottolineare anche come gli «esperti» dei palazzi continuino a confondere le sostanze inquinanti (per esempio il particolato e gli ossidi di azoto) con l’anidride carbonica, che è un gas climalterante, quindi responsabile dell’effetto serra.

«Essendo la norma tarata sulla CO2 – si legge nella nota – non appare corretto parlare di politiche per il miglioramento della qualità dell’aria, che hanno come obiettivo la riduzione dello smog, dell’inquinamento e delle polveri sottili». Le tre associazioni evidenziano, poi, «che si tasserebbero veicoli di ultima generazione con prestazioni, in tema di rispetto dell’ambiente, di molto superiori alla media del parco circolante».

La richiesta, legittima, è quella di un ripensamento nella classica «zona Cesarini», prima di combinare un vero pasticcio. Anfia, Unrae e Federauto, quindi, colpiscono nel vivo l’esecutivo: «L’auspicio – scrivono – è che il governo del cambiamento non si uniformi a misure di vecchio stampo come il superbollo, che ha ampiamente dimostrato il suo fallimento». Il harakiri si può evitare con una dose di buon senso.

IL GIORNALE

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