Reddito minimo verso il flop: solo in Sicilia costa il doppio

Quando le promesse si scontrano coi numeri, la realtà diventa agrodolce. Per non dire amara. Luigi Di Maio ha promesso di abolire la povertà e, in particolare, ha solleticato le speranze della popolazione della regione più povera d’Italia: la Sicilia.

Ma la propaganda e la campagna elettorale sono una cosa, i conti dello Stato un’altra. E i conti li ha fatti lo Svimez, associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno. E sono diversi dai fondi stanziata nella manovra gialloverde. Infatti, secondo l’ultimo rapporto, per poter elargire il reddito minimo a tutti quelli che ne avrebbero diritto servono 2,7 miliardi di euro. Tuttavia, per il 2019, le somme stanziate sono pari a 1,3 miliardi di euro. In sostanza, mancano all’appello 1,4 miliardi di euro. Non proprio briciole.

“Con le risorse disponibili, il sussidio scenderebbe in maniera considerevole e sarebbe compreso tra i 178 euro della famiglia con un componente per poi crescere ai 445 euro della famiglia di 4 componenti e ai 490 euro di un nucleo con oltre 5 componenti. Il sussidio medio complessivo si dimezzerebbe dai 704 euro derivanti da una piena copertura 5 del provvedimento ai 332 euro erogabili, in base alle nostre stime, con gli 8 miliardi disponibili”, si legge nel rapporto Svimez.

Che poi continua: “Con le risorse attuali, prendendo a riferimento le famiglie con ISEE inferiore a 6.000 euro – pur tenendo conto che circa il 50% potrebbe avere una casa di proprietà – è possibile erogare a circa 1,8 milioni di famiglie un sussidio compreso tra i 255 euro per una famiglia monocomponente e i 712 euro per una famiglia con 5 o più componenti. Ne deriva dunque una sostanziale distanza dall’obiettivo enunciato di garantire il raggiungimento della soglia dei 780 euro, ma d’altra parte un forte allargamento rispetto al ReI dei beneficiari riuscendo a coprire quasi integralmente l’universo delle famiglie in povertà assoluta”.

Insomma, soldi per tutti i poveri ma non quelli promessi.

In base alle stime contenute nel rapporto, “l’erogazione di un sussidio parametrato a 780 euro individuali, pur tenendo conto di una quota di proprietari di abitazione, richiederebbe uno stanziamento di circa 17 miliardi di euro per i 9 mesi del 2019 successivi alla prevista entrata in vigore della misura (aprile 2019)”.

Sempre secondo lo Svimez, il Mezzogiorno assorbirà il 63% del reddito di cittadinanza, ma la misura non assicurerà il raggiungimento della soglia dei 780 euro indicata dal governo, per la quale servirebbe uno stanziamento di circa 15 miliardi.

I dati, qualche giorno fa, hanno allarmato anche il presidente della Camera, Roberto Fico. Che aveva commentato: “Io credo fortemente nel nostro Sud Italia e che oggi sia l’opportunità più grande che il nostro Paese ha di creare sviluppo. Credo sia il luogo migliore dove investire in cui investire e fare politiche lungimiranti. Purtroppo i dati del Rapporto non sono confortanti e tutto il Paese si deve interrogare”, commenta il presidente della Camera Roberto Fico. La Svimez, infatti, denuncia una perdita di popolazione nelle regioni meridionali che si aggira attorno ai 146mila abitanti all’anno. È come se sparisse da un anno all’altro una città di medie dimensioni. Negli ultimi 16 anni hanno lasciato il Sud Italia 1 milione e 883 mila residenti: la metà giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni, quasi un quinto laureati, il 16% dei quali si è trasferito all’estero. E nei prossimi 50 anni perderà 5 milioni di abitanti, molto più che nel resto del Paese, dove la perdita sarà contenuta a un milione e mezzo. Avviene perché al Sud non solo ci sono sempre meno nati, ma c’è anche un debole contributo delle immigrazioni. Quello che preoccupa di più è che l’età media al Sud crescerà dagli attuali 43,1 anni ai 51,1 anni nel 2065.

Ed è difficile pensare che sia il reddito di cittadinanza a fermare la fuga.

IL GIORNALE

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