Tria “chiama” Bankitalia. Disgelo sulla manovra per non restare isolato

Un segnale tranquillizzante al mondo politico e a quello finanziario. Al termine della lettura annuale organizzata ieri a Bologna dal Mulino, il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, e il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, si sono intrattenuti conversando per circa mezz’ora.

«Scambiamo informazioni – ha detto il titolare del Tesoro – parliamo sempre ogni giorno, non solo qui». Una precisazione necessaria dopo le tensioni tra Via XX Settembre e Palazzo Koch rese più evidenti dall’audizione molto critica sulla manovra del vicedirettore generale, Luigi Federico Signorini venerdì scorso.

Non è un mistero che Palazzo Koch valuti negativamente l’ostinazione con la quale il governo continua a insistere su due provvedimenti molto costosi come il reddito di cittadinanza e la riforma delle pensioni senza fare alcunché per rassicurare i mercati e accettando, di fatto, di sobbarcarsi il maggior costo del debito causato dall’impennata dello spread. Una visione condivisa dal governatore Ignazio Visco con il presidente della Bce e suo predecessore Mario Draghi che ha esternato tali perplessità nell’ultima riunione dell’Eurogruppo lasciando solo Tria dinanzi agli accusatori.

Al di là delle parole pesanti recentemente usate dal ministro (ha paragonato il rispetto dei vincoli Ue a un «suicidio»), l’intenzione del Tesoro sarebbe quella di rivedere i numeri del Documento programmatico di Bilancio rivedendo al ribasso la stima del Pil 2019 dall’1,5% all’1,2% mantenendo sempre il deficit al 2,4% giacché calcolato su un potenziale di crescita dello 0,9 per cento. Nella lettera che dovrà essere inviata a Bruxelles entro martedì prossimo, però, la Commissione vorrebbe un ulteriore passo indietro anche sul disavanzo e, soprattutto, sulla riduzione del debito.

Circostanza che, però, il governo non sembra tenere in debito conto. «Se aprono una procedura di infrazione, non sarà la fine del mondo», ha dichiarato al Corriere il viceministro dell’Economia, il leghista Massimo Garavaglia. Scenario descritto in tutta la sua pericolosità dal presidente del Parlamento Ue, Antonio Tajani. «Se si arriva a uno scontro significa avere i controlli costanti», ha dichiarato ieri. Non si è trattato di una polemica politica ma di un caveat tecnico ben circostanziato. La procedura di infrazione equivale di fatto a un commissariamento con i tecnici di Bruxelles che, a quel punto diventerebbero titolati a mettere in discussione il bilancio dello Stato. Ecco perché Tajani ha ammonito i componenti dell’esecutivo a non affermare che «la soluzione è uscire dall’Ue perché sarebbe da irresponsabili pensare a una Italexit».

L’unica mossa che potrebbe sbloccare l’impasse è, al momento, impossibile per motivi politici. Tria dovrebbe, infatti, specificare che gli eventuali residui inutilizzati del reddito di cittadinanza e della controriforma Fornero andrebbero immediatamente computati a riduzione del deficit. Una simile postilla renderebbe ancor più evidente l’inconsistenza delle due misure principe della manovra. Lo stanziamento di 16 miliardi, in tal caso, si rivelerebbe fittizio. Tanto più che, al momento, non si conosce nemmeno la platea definitiva del reddito di cittadinanza rinviato alle vacanze di Natale dopo l’approvazione della manovra stessa.

IL GIORNALE

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