Fisco, tregua tra Lega e M5S: condono fino a 100 mila euro

di Andrea Bassi

Più che una pace, la si potrebbe definire una tregua fiscale. Esattamente come quella raggiunta tra Lega e Movimento Cinque Stelle dopo il lunghissimo vertice che ha preceduto il consiglio dei ministri che ha dato il via libera al decreto fiscale e alla manovra di bilancio. Il ministro dell’Economia Giovanni Tria, prova a rassicurare dopo le voci di un suo passo indietro: «Non mi dimetto dopo la manovra», dice, «non sono masochista». E poi aggiunge: «Non vogliamo far saltare in aria l’Europa». Ma lo scontro tra i soci del governo è stato duro. Il Carroccio porta a casa la cancellazione di tutte le cartelle esattoriali sotto i mille euro emesse dalla vecchia Equitalia tra il 2000 e il 2010. Sono un quarto del totale.

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Saranno mandate al macero a fine anno con un costo di oltre 500 milioni di euro. Il partito guidato da Matteo Salvini ottiene anche la «dichiarazione integrativa», il condono vero e proprio al quale il Movimento Cinque Stelle si è opposto fino alla fine. Luigi Di Maio però, è riuscito a piazzare una serie di paletti alla sanatoria: ci sarà un tetto di 100 mila euro alle somme regolarizzabili, bisognerà aver presentato la dichiarazione dei redditi negli ultimi cinque anni (non si potrà essere cioè, sconosciuti al Fisco); è si potrà condonare al massimo il 30% di quanto dichiarato l’anno precedente. Per regolarizzare questo nero si dovrà pagare il 20% più tutta l’Iva non dichiarata.

Nel decreto, poi, sempre su richiesta di Di Maio, dovrà essere declinato anche il concetto delle «manette agli evasori». Insomma, probabilmente si tornerà al passato, quando il reato penale era previsto anche per le piccole somme nascoste al Fisco, mentre nel 2015 era stato deciso di riservare il carcere soltanto alla grande evasione.

Nel decreto fiscale resta confermata la rottamazione-ter delle cartelle, con la possibilità di versare gli importi in cinque anni. Un principio, questo, che sarà applicato anche alla chiusura degli accertamenti e dei procedimenti verbali della Guardia di Finanza. Per le liti pendenti davanti alla giustizia amministrativa, invece, si verserà il 50% dell’importo dovuto se il contribuente ha vinto in primo grado, e il 20% se lo stesso contribuente ha avuto ragione anche in appello. Altra norma inserita nel provvedimento è quella che vieta di pignorare la casa a chi ha debiti con il Fisco ma crediti con la Pubblica amministrazione. Salvini parla di «promesse mantenute», mentre Di Maio, per commentare la manovra cita Rousseau e Roosevelt. «Questa non è una semplice manovra», dice, è «un nuovo contratto sociale che lo Stato stipula con i cittadini.. Non fatevi fregare», dice, «da chi vuole terrorizzarvi per il proprio tornaconto personale o di partito. L’unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa».

I CONTEGGI
Sul fronte della manovra ieri il governo ha provato a trovare la quadra sulle coperture mancanti, stimate in circa 2 miliardi di euro. Una buona parte dei soldi arriverà dal taglio ai fondi per l’immigrazione, che dovrebbero essere ridotti di 1,3 miliardi di euro nei prossimi tre anni. Altri 300 milioni all’anno, sempre per i prossimi tre anni, arriverebbero dal taglio delle pensioni d’oro.
Quest’ultimo provvedimento non troverà spazio però nel decreto fiscale come avrebbe voluto Di Maio, ma finirà nella legge di Bilancio. Ci sarà poi una stretta fiscale su banche e assicurazioni e altri 500-600 milioni di euro dovrebbero arrivare dal comparto giochi con un aumento del Preu, il prelievo erariale unico, che verrebbe aumentato di due punti percentuali per le Awp (le slot di prima generazione) e di un punto per le Videolotteries.

IL MESSAGGERO

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