Tria frena Di Maio: deficit sopra l’1,5%. All’Europa chiederà 10 miliardi di sconto

alessandro barbera e ugo magri

Non il tre per cento che vorrebbero sfondare Di Maio e Salvini. Ma nemmeno lo 0,9 lasciato in eredità dal governo Gentiloni. Il traguardo minimo è l’1,5 per cento, circa dieci miliardi di euro di maggiori spese. Chiamiamola la trincea di Tria, o più semplicemente l’obiettivo minimo di deficit nel braccio di ferro con l’Europa. Il ministro del Tesoro è a Shanghai, dove ha incontrato la comunità finanziaria cinese. Ma con la testa è già a Roma e alla Finanziaria d’autunno.

La parte più difficile del lavoro è adesso: entro la fine del mese occorre presentare alla Commissione europea la nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza. Lì dentro ci dovranno essere i grandi numeri per il 2019. I mercati non attendono altro, perché quei numeri risponderanno alle domande finora inevase dalla maggioranza giallo-verde. L’Italia andrà allo scontro frontale con l’Europa o si mostrerà più realista? Logica vorrebbe che prevalesse la seconda ipotesi: le elezioni europee sono dietro l’angolo (a maggio 2019) e né alla Lega, né tantomeno al Movimento Cinque Stelle converrebbe presentarsi all’appuntamento con gli spread fuori controllo. L’ultima asta di titoli pubblici ha già fatto salire i rendimenti oltre il tre per cento. Sul comportamento dei mercati pesano le preoccupazioni per la situazione argentina e più in generale l’aumento dei tassi di interesse americani. Ma l’aumento dello spread con i Bund tedeschi (ora a 285 punti base) e con i titoli spagnoli e portoghesi spiega che gli investitori si chiedono soprattutto cosa accadrà in Italia. Per rassicurare sulle intenzioni del governo, il Tesoro sta valutando se anticipare di qualche giorno la presentazione della nota di aggiornamento.

 

Il giudizio di Fitch

Stasera dopo la chiusura di Wall Street l’agenzia di rating Fitch aggiornerà il suo giudizio sull’Italia, non lontano dal cosiddetto “non investement grade”, ovvero il livello sotto il quale il mercato considera un titolo “spazzatura”. Ma occorre tenere conto di due elementi. Il primo è che le indiscrezioni raccontano gli analisti dell’agenzia decisi a cambiare solo lievemente quel giudizio: il rating dovrebbe restare invariato, mentre il cosiddetto “outlook” cambierebbe da stabile a negativo. Il secondo ha a che vedere con le regole che governano l’acquisto di titoli da parte della Banca centrale europea, il cui ombrello protettivo resterà aperto sull’Italia ancora qualche mese. Per uscire dalla lista dei Paesi cui sono concessi gli aiuti (sottoforma di acquisto titoli sul mercato secondario) i Btp dovrebbero essere declassati a “junk” anche dalla più generosa delle quattro agenzie di rating internazionali, oggi la canadese Dbrs.

Per queste ragioni chi in queste ore ha parlato con Tria e con il ministro degli Esteri Moavero – coloro ai quali toccherà trattare duramente con l’Europa – li ha trovati abbastanza tranquilli. «Le grandi linee della manovra le abbiamo decise in un vertice ad inizio agosto», rispondeva due giorni fa Tria a proposito delle minacce di di Maio sul deficit. Raccontano nei palazzi che Tria abbia chiesto ai due vicepremier maggiore prudenza nei toni. E in effetti le ultimissime dichiarazioni di Salvini sono piuttosto caute: «Ci prepariamo ad una manovra economica che darà le prime risposte. Non promettiamo miracoli in tre mesi, ma darà i primi segnali di cambiamento anche in economia».

 

Cosa significa tutto ciò in concreto? Gli accordi presi dalla Commissione di Bruxelles con il governo Gentiloni dicono che l’Italia dovrebbe darsi un obiettivo di deficit per l’anno prossimo non superiore allo 0,9 per cento del prodotto interno lordo. Tria ha fissato la linea del Piave all’1,5 per cento, dieci miliardi in più degli accordi precedenti. Per lui quello è l’obiettivo minimo, la soglia sotto la quale non intende andare. E’ già più della flessibilità che l’Europa è disposta a concedere – si dice fra i sei e gli otto miliardi – ma molto meno di quel che si aspetta la maggioranza. La quadratura del cerchio magari si troverà, ma sarà comunque dolorosa. Il premier Conte si prepara a mediare, il Quirinale osserva in silenzio con qualche apprensione.

LA STAMPA

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