Partite Iva, Di Maio accelera: il tetto del forfait può passare da 50 a 80 mila euro l’anno

federico capurso
roma

«È necessaria una flat tax indiretta per le partite Iva, da inserire nella prossima legge di stabilità». L’idea circolava da tempo tra i banchi leghisti, ma sono gli uomini del Movimento 5 stelle ad aver mosso nelle ultime ore i primi passi concreti, definendo i contorni del piano. Un’accelerazione necessaria per non rimanere in coda al treno salviniano, certo, ma dettata anche dal fatto che i destinatari della proposta coincidono con quella fascia di elettorato cara al partito di Luigi Di Maio: professionisti, start up, piccole e medie imprese.

L’obiettivo è quello di allargare la platea delle partite Iva che godono di un regime forfettario. Il vantaggio del forfait è costituito da una tassazione sostitutiva al 15 per cento (che tiene dentro Irpef e Irap); gli adempimenti burocratici, poi, sono molto più snelli, senza spesometro né fattura elettronica obbligatoria tra privati. Per poter rientrare nel regime forfettario, però, sono stati posti dei limiti di guadagno annui. Attualmente, la soglia per la categoria di «commercianti all’ingrosso e al dettaglio» e per la più vasta categoria delle «attività professionistiche, scientifiche, sanitarie e tecniche» è fissata a 50mila euro annui. Se superata, si abbandona il regime agevolato e si rientra in quello ordinario. E qui arriva la proposta del Movimento, che vuole alzare l’asticella a 80mila euro, permettendo a chi guadagna di più di poter comunque rientrare nel regime forfettario. La cifra individuata non è casuale. La flat tax leghista, infatti, fissa un’aliquota del 15 per cento per i redditi familiari fino a 80mila euro.

Armonizzare il sistema portando tutte le categorie professionali del regime forfettario ad un’unica soglia di 80 mila euro annui, è un obiettivo che si scontra con la dura realtà delle coperture finanziarie. Per questo, l’allargamento delle maglie sarà graduale e, per ora, ristretto alle categorie dei professionisti e dei commercianti. Una misura ridotta che si preannuncia comunque pesante per le casse dello Stato. La cifra che circola tra le commissioni parlamentari e le stanze ministeriali sfiora il miliardo di euro, ma si scommette, per alleggerire in prospettiva il peso dell’operazione, sul rientro cospicuo di gettito proveniente dall’evasione fiscale. Non è una novità, in effetti, che per non sforare le soglie del regime forfettario spesso si finisca per omettere alcuni compensi, scivolando nel “nero”. Ma il recupero di risorse dall’evasione – è altrettanto noto – non offre certezze.

Ulteriori complicazioni si nascondono nelle normative europee. Bruxelles ha posto a 65mila euro l’asticella dei compensi per i regimi speciali. Mancano quindi 15mila euro per arrivare alla cifra prevista dal M5S. Ai tavoli comunitari, però, la richiesta italiana di alzare il tetto massimo non sarebbe isolata. Altri paesi hanno già chiesto a Bruxelles di rivedere le soglie e la speranza del governo, a questo punto, è di riuscire a fare fronte comune per ottenere il via libera.

Nel piano pentastellato sulle partite Iva, infine, si vorrebbero inserire misure ad hoc per chi innova. La strada passa dall’inserimento di una categoria riservata alle start-up che puntano sulle nuove tecnologie. A queste verrebbe destinata un’aliquota al 5 per cento per cinque anni. Non una priorità, però, perché se i margini di manovra nella prossima legge di bilancio non saranno sufficienti, verrà rinviata.

Tagliare le tasse e gli adempimenti burocratici a una platea di professionisti, start up e pmi, è il sogno dorato di Luigi Di Maio, nessuno nel Movimento lo nasconde. L’impressione, però, è che sia già partita l’ennesima gara con gli alleati leghisti. E un secondo posto,questa volta, rischierebbe di lasciare qualcosa di più di una semplice delusione.

LA STAMPA

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