Quando la Francia della “gauche” arrestava i bambini rom per deportarli

«Pensare di risolvere il problema delle popolazioni rom solo attraverso l’inserimento sociale è illusorio».

I rom «non vogliono integrarsi». «I loro stili di vita sono estremamente diversi dai nostri e sono in evidente conflitto». «Non c’è altra soluzione se non quella di smantellare progressivamente i campi e accompagnare i rom alla frontiera». Di nuovo Matteo Salvini? Sbagliato. Quelle tre esternazioni sui rom non sono uscite dalla bocca del ministro dell’interno italiano, ma bensì di un suo omologo francese. E non leghista e nemmeno lepenista, ma, udite udite, socialista. Si chiamava, anzi si chiama, Manuel Valls e – nonostante un’oratoria degna del Salvini nazionale nel settembre 2014 viene accolto da Matteo Renzi in quel simposio di enfants prodiges della sinistra europea passato alle cronache come «patto del tortellino». Non fu un gran successo, ma non è questo il punto.

Il punto è la memoria furbescamente corta delle «anime belle» della sinistra italiana ed europea. Una sinistra pronta a indignarsi per la pretesa di Salvini d’iscrivere all’anagrafe l’evanescente comunità rom, ma dimentica di quando un Valls, nemico numero uno dei rom francesi, s’abbracciava con Matteo Renzi e Federica Mogherini, con Roberta Pinotti e Sandro Gozi, con Matteo Orfini e Debora Serracchiani. Il vero campione di questa smemorata genia è il commissario europeo Pierre Moscovici. Ieri questo socialista francese, con un passato giovanile da trotskista, ha subito flagellato un Salvini colpevole di rilasciare «dichiarazioni raggelanti» sui rom ed infrangere «regole comuni che vanno rispettate da tutti». Eppure lo smemorato Moscovici ricopriva la carica di ministro dell’Economia nello stesso governo in cui Valls occupava il ministero dell’Interno. «La Francia non può accogliere tutta la miseria del mondo», ripeteva in quei giorni il suo alacre collega. E non era uno slogan. Stando all’Associazione europea per la difesa dei diritti umani (Aedh) nei suoi primi sei mesi di mandato Valls riesce a far deportare più di 8mila roms attaccando a colpi di ruspa gli insediamenti illegali di mezza Francia. E solo 15 di quei 63 sgomberi sono seguiti dall’assegnazione di nuovi insediamenti abitativi. «Non posso permettere che questa situazione intollerabile continui – spiegava Valls a chi gli chiedeva come le drastiche misure si conciliassero con il suo credo politico – mantenere questi campi non è accettabile».

Ma il punto più alto della campagna di deportazioni di rom e immigrati illegali voluta da Valls si registra il 6 ottobre 2013. Quel giorno i poliziotti francesi mandati ad acciuffare Leonarda Dibrani, una 15enne kosovara condannata alla deportazione a Pristina assieme ai cinque fratellini e ai genitori, bloccano una gita scolastica e ammanettano la ragazzina davanti ai suoi compagni di classe. La vicenda scuote la Francia e porta sull’orlo del collasso il governo di cui fanno parte Valls e Moscovici. Eppure a soli cinque anni di distanza il Moscovici pronto ad indignarsi per le parole «raggelanti» di Salvini non sembra ricordare neppure una delle azioni decisamente «ributtanti» – per dirla come la direbbe un altro francese – di quel suo illustre compagno di partito e di governo.

IL GIORNALE

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