Non c’è più spazio per Renzi

Qualunque cosa potrà essere la sinistra italiana domani, una cosa è certa: non contempla la presenza di Matteo Renzi e del suo “Giglio magico” in posizione rilevante. È vero, quasi ovunque in Europa la sinistra è ridotta ai minimi termini o quasi estinta, e quindi, come molti hanno ricordato, non può essere tutta colpa di Renzi se il Pd è al 18 per cento e il resto della sinistra, nelle sue variegate ma frammentate forme, conta per il 4-5 per cento.

Tuttavia la sequenza di errori dell’ex presidente del Consiglio è così incredibile che in qualunque altra parte del mondo uno al suo posto si sarebbe dimesso non più tardi del 5 dicembre 2016, all’indomani del referendum perso sonoramente.

Gli errori di Renzi fanno ormai parte della storia e sono dei semplici fatti, magari da studiare con maggiore cura nella loro concatenazione causale, ma incontestabili.

1) Invece che continuare a governare al meglio, cercando di risolvere i tanti problemi degli italiani, a un certo punto ha stornato l’attenzione del parlamento e degli elettori sulla riforma costituzionale: per lunghi mesi il dibattito ha diviso l’opinione pubblica, compresa quella di sinistra, e creato un diversivo rispetto ai gravi problemi dell’Italia; spaccando il suo fronte, ha allontanato molti elettori del centro sinistra.

2) Invece che creare una rete di alleanze, esterne ma anche interne, Renzi ha annichilito persino gli avversari interni, alcuni dei quali sono stati costretti a uscire pur non essendo dei sovversivi bolscevichi ma uomini e donne delle istituzioni e di governo; in conseguenza di questa scelta, alla fine il partito è diventato monolitico, composto soltanto da yes-men con poco carisma e scarsa capacità di replicare agli errori del capo;

3) Renzi ha costruito un’alleanza stabile con Verdini, considerato da molti elettori di sinistra il simbolo perverso del berlusconismo e dei “trucchi” di governo; con lo stesso Berlusconi è spesso sembrato ci fossero più similitudini che differenze, come ha riconosciuto a un certo punto lo stesso parlamentare Rosato, autore della legge elettorale.

4) Renzi non ha lasciato la guida del partito neppure dopo l’esito disastroso del referendum, perso 60 a 40, laddove invece l’inglese David Cameron ha abbandonato la politica dopo aver perso il referendum sulla Brexit, in fondo, soltanto per 51 a 49.

5) Renzi non ha lasciato la presa sul partito neppure dopo la disfatta elettorale ed è intervenuto per impedire al Pd di cercare (quantomeno) di fare un governo con i 5S, che avrebbe evitato la definitiva saldatura (che all’inizio sembrava difficile) fra questi ultimi e la destra di Salvini.

6) Renzi è ancora convinto che presto il governo Di Maio-Salvini fallirà e che gli elettori torneranno all’ovile del Pd: ma i cicli politici sono lunghi, come ha dimostrato abbondantemente la vicenda di Berlusconi, durato un ventennio; e non è detto che, di fronte a una crisi di governo che metterebbe grillini e leghisti gli uni contro gli altri, la scelta degli elettori non sia funzionale alla nuova dicotomia creatasi: del resto all’interno del governo, i grillini tendono già a occupare lo spazio di sinistra e quelli leghisti il ruolo di partito d’ordine; quindi, è altamente probabile che in caso di deflagrazione dell’esecutivo gli elettori si polarizzeranno intorno a questi due partiti nuovi ed è difficile che riesumino il Pd.

7) Ma forse il più grave errore di Renzi è stato quello di aver del tutto abbandonato da una parte lo studio di come cambiano le classi e i loro comportamenti in questa società magmatica e mutevole e, dall’altra, di aver annullato la presenza del partito sul territorio, da cui arrivano le istanze che la politica dovrebbe rielaborare e trasformare in azione, pensando che bastasse un po’ di dialettica nei talk show televisivi – ripetuta spesso dai suoi variegati cloni del partito – a convincere gli elettori. I quali invece vivono sul territorio, nella vita reale, e da lì, soprattutto, giudicano l’azione dei partiti.

In conseguenza di tutti questi fattori, il tratto principale di Renzi è oggi l’antipatia: inviso a tutti quelli che non l’hanno votato (e a quanto pare sono molti), ma anche a parecchi fra coloro che l’hanno votato, per il fatto di essere l’esempio vivente di una sconfitta storica.

L’HUFFPOST

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